sabato 29 marzo 2008

N.T. WRIGHT, Gesù di Nazareth. Sfide e provocazioni, Claudiana, 2003, p. 201, euro 14,50

Wright – recentemente ordinato vescovo della chiesa anglicana – è uno studioso incredibilmente popolare all’interno dell’area anglofona più tendenzialmente conservatrice. Questo libro rappresenta una sintesi divulgativa della sua opera maggiore: Jesus and the Victory of God (1996), ancora non tradotto in Italia.
Il nostro volume, pur essendo di facile lettura, non è però raccomandabile come primo approccio: Wright infatti è uno studioso sì conservatore, ma anche piuttosto originale e il lettore inesperto correrebbe il rischio di familiarizzarsi in modo acritico con alcune tesi tipiche di Wright, ma nient’affatto pacifiche nel panorama complessivo degli studi (ad es. il tema onnipresente del “ritorno dall’esilio” quale chiave per comprendere tutti gli aspetti della predicazione di Gesù – per una critica su questo punto, si veda l’opera di Dunn citata sotto - nonché una discutibilissima reinterpretazione dell’apocalittica, quale genere espressivo metaforico che denota puramente degli sconvolgimenti di ordine politico, e in alcun modo di ordine cosmico). Non di rado, l’Autore si lascia prendere la mano da conclusioni un po’ esagerate, arrivando a leggere nella figura storica di Gesù l’assunzione un po’ troppo esplicita di un po’ troppi ruoli un po’ troppo grandi: passi tranquillamente che egli insieme al suo gruppo costituisca l’ “Israele restaurato”, e passi pure anche che egli agirebbe, in un certo senso, nel ruolo o al posto di Dio, all’interno della messa in scena del atto finale del dramma del “ritorno dall’esilio” (manifestando cioè che con il suo ministero stava avendo finalmente termine l’esilio millenario di Israele), ma Wright sembra francamente passare il limite della sobrietà storica quando giunge ad identificare Gesù stesso con il “nuovo Tempio” che sostituiva quello di Gerusalemme!! Si resta come minimo un po’ stupiti nel leggere che: “Nei Vangeli vi sono numerose indicazioni che Gesù agiva deliberatamente in modo tale da comunicare che là dove egli era, e là dove erano i suoi seguaci, il Dio di Israele era presente e attivo nello stesso modo in cui lo era normalmente nel Tempio (p. 63-64)” (!!!). Altre tesi bizzarre di Wright si potranno incontrare in modo più approfondito nel suo opus magnum, Jesus and the Victory of God, come, ad es., l’identificazione della giustificazione ed esaltazione del Figlio dell’uomo con la distruzione di Gerusalemme e del Tempio ( che avrebbe sancito la fine definitiva dell’esilio del popolo di Dio … ossia i seguaci di Gesù!) … proprio un bel modo di essere un profeta di restaurazione d’Israele! In sintesi: una lettura piacevole, e non priva di intuizioni interessanti, ma nel complesso inficiata da numerose posizioni eccessivamente personali. In più di un occasione si ha il sospetto che la ricostruzione del “programma” di Gesù sia effettuata ad hoc in modo da suggerire che la nascita del cristianesimo sia un evento che coincide in sostanza con la missione stessa di Gesù; come nota Paula Fredriksen: “this hypothesis is coherent and parsimonious, offering the simplest explanation so far of the rise of Christianity: Jesus created it”.

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