Daniel Marguerat è forse il più importante rappresentante attuale dell’esegesi storico-critica francofona. Egli ha dedicato diversi lavori al problema del Gesù storico, tra cui, in particolare la fondamentale miscellanea di studi Jesus de Nazareth. Nouvelles approches d’une enigme (da lui curata insieme ad E. Norelli e M. Poffet). Purtroppo però l’Autore non ha ancora pubblicato una monografia approfondita sul tema.
Il volume a cui qui accenniamo, infatti, è solo una sintetica ed agilissima presentazione di carattere decisamente introduttivo: appena un centinaio di pagine – che, in un altro genere di formato, si ridurrebbero probabilmente ad una settantina. Tuttavia, a dispetto della estrema agilità del volume (che si può tranquillamente divorare in un giorno solo), si tratta di nondimeno di un lavoro particolarmente felice e ben riuscito.
Un esempio perfetto di ciò che accade quando uno studioso di ottima levatura, decide di trasferire i risultati della propria ricerca in poche, sintetiche, vivaci e godibilissime pagine (che scorrono assai gradevolmente anche grazie alla sistematica spezzettatura i numerosi mini-paragrafi). Forse uno dei punti migliori da dove iniziare il cammino sulle tracce del Gesù storico.
Cito qualche passo, tratto dal capitolo conclusivo del libro, dove Marguerat si interroga sull’elusività ineludibile di Gesù, sul suo rimanere cioè un “enigma”:
L’uomo di Nazareth si defila di fronte alle domande sulla sua identità. Non si dichiara né Messia, né Figlio di Dio, né Figlio dell’uomo [N.d.R. l’Autore riprende in sostanza la posizione bultmanniana secondo cui Gesù parlò della venuta del Figlio dell’uomo, come di una figura da lui distinta, ma, al tempo stesso, a lui strettamente associata. Cf Lc 12,8], ma è cosciente di essere superiori ai profeti. Non parla di sé, ma di Dio; il che non gli impedisce di essere il dito di Dio (Lc 11,20) e di proporre con un’autorità senza pari la sua potenza di guaritore e la sua interpretazione della Legge. Che Gesù abbia il compito di introdurre la fine del mondo è evidente; ma egli lascia come in sospeso la sua identità e non è esplicito sulla sua autorità, né per confermarla, né per darle fondamento. Semplicemente agisce e parla con autorità (Mc 1,22-27). (…) Il “più di un profeta”, che corrisponde alla coscienza di sé di Gesù, progressivamente si è arricchito del profluvio di titoli che i vangeli riversano sul Nazareno: Signore, Cristo, Figlio di Dio, Figlio dell’uomo, Verbo incarnato. (…) Ma la questione decisiva non è sapere chi egli sia; la questione è di riconoscere nella sua parola una parola di verità, nei suoi gesti il dito di Dio. Per Gesù (…) è l’ora di lasciarsi trasportare dall’impeto della venuta del regno di Dio (p. 100-101).
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