domenica 30 marzo 2008

G. THEISSEN, A. MERZ, Il Gesù storico. Un manuale, Queriniana, 1999, p. 803

Una volta che i primi bocconi della disciplina siano stati mandati giù e digeriti, questo volume deve costituire una lettura fondamentale e obbligata per chiunque.
Theissen è uno studioso (luterano) eccezionale: la sua fama, negli ambienti dei neotestamentaristi, è legata soprattutto ai suoi numerosi e pioneristici lavori di carattere sociologico sul cristianesimo primitivo. Anche a causa di essi, egli passa talvolta come un proponente di un immagine di Gesù quale profeta di riforma sociale. Questo è in parte vero (si veda, ad es., il suo originalissimo “romanzo storico” su Gesù, L’ombra del Galileo, Claudiana), ma in realtà la prospettiva di Theissen è più completa e nient’affatto unilaterale (chi se la cava col tedesco, può averne prova nella recente collezione di suoi saggi, Jesus als historische Gestalt), e in ogni caso tale “accentuazione sociale” non è in alcun modo preponderante all’interno dell’opera che stiamo qui considerando.
Qui abbiamo infatti a che fare con un manuale vero e proprio, realizzato per introdurre lo studente, nel modo più completo e neutrale possibile, allo studio critico delle diverse problematiche proprie della disciplina.
Su ogni argomento specifico (il Gesù carismatico, il Gesù guaritore, il Gesù maestro, il Gesù poeta, il Gesù profeta, il Gesù martire etc.) viene fornita una breve rassegna della storia della ricerca, per poi passare al confronto diretto e analitico con le varie tradizioni evangeliche, costantemente inquadrate all’interno del contesto giudaico in cui sono sorte (in obbedienza al fondamentale criterio di “plausibilità” formulato dall’ Autore, secondo cui una tradizione può essere accertata come “autenticamente gesuana” allorchè, da un lato, manifesta, al tempo stesso, conformità e originalità rispetto al contesto in cui è sorta, e dall’altro si pone in un rapporto di continuità/discontinuità con gli effetti rilevabili nelle successive tradizioni protocristiane). L’opera si segnala per la grande obiettività e neutralità nell’affrontare le problematiche, come pure nel risolverle (le tesi personali di Theissen sono evidentemente presenti, ma spesso in modo soltanto accennato, e in ogni caso individuabili in quanto tali soltanto da chi ha già letto altri lavori dell’Autore). Quanto poco “radicale” (per fare un gioco di parole con la tipica immagine “theisseniana” di Gesù quale “radicale itinerante”), in fin dei conti, sia il ritratto complessivo di Gesù che emerge dall’opera, può risultare chiaro anche dall’ampia trattazione che il manuale dedica al problema degli inizi della cristologia, con conclusioni nient’affatto – per l’appunto – “radicali”: secondo Theissen, Gesù ebbe una coscienza messianica, benché rifiutasse il titolo esplicito di Messia; l’Autore sembra infine far propria anche la posizione “classica” secondo cui Gesù parlò in terza persona del Figlio dell’uomo che doveva venire, non per designare un'altra figura distinta da sé, bensì per riferirsi a sé stesso nello stato glorificato e nel ruolo di giudice escatologico che avrebbe assunto al momento della irruzione definitiva della signoria di Dio.
Da sottolineare il carattere specificamente didattico dell’opera, corredata non solo di letture introduttive e riepiloghi conclusivi per ogni capitolo, ma anche di tutta una serie di esercitazioni preliminari e di domande di verifica (con le relative “soluzioni”). Al termine del libro, i risultati frammentari dei diversi capitoli vengono integrati in una breve “vita di Gesù in sintesi”, che, a mio avviso, merita di essere riportata quasi integralmente:
Negli anni Venti del sec. I d.C. Gesù si unì al movimento di Giovanni Battista; questi chiamava gli Israeliti a penitenza e, con un battesimo presso il Giordano, prometteva la salvezza dinanzi all’imminente giudizio di Dio. In tal modo il Battista offriva il perdono dei peccati, indipendentemente dalle possibilità di espiazione ritualizzate nel tempio. Era questo un atto di sfiducia contro l’istituzione centrale del giudaismo, considerata inefficace. Anche Gesù si fece battezzare da Giovanni, e, come tutti gli altri, confessò i propri peccati e attese il giudizio imminente di Dio.
Ben presto Gesù si presentò in pubblico indipendentemente dal Battista con messaggio analogo, ma accentuando l’annuncio secondo cui la grazia di Dio concedeva ancora un’opportunità e del tempo a tutti gli uomini. (…) In effetti la certezza fondamentale di Gesù era che si era verificata una svolta fondamentale verso il bene: Satana era stato vinto, il male fondamentalmente superato. Lo si poteva constatare guardando agli esorcismi (…). Con questo messaggio Gesù percorre la Palestina, come predicatore itinerante senza fissa dimora (…).
Tra la popolazione semplice (…) egli scelse dodici discepoli, con Pietro al vertice, come rappresentanti delle dodici tribù di Israele, con i quali egli intendeva presto ‘governare’ l’Israele restaurato. Gesù aveva in mente una specie di ‘sovranità popolare rappresentativa’. (…)
Al centro del messaggio di Gesù c’era la fede giudaica in Dio. Per lui Dio era un’energia etica inaudita che presto avrebbe trasformato il mondo per la salvezza dei poveri, dei deboli e dei malati; e che però, per tutti coloro che non si fossero lasciati afferrare da essa, avrebbe potuto diventare anche ‘fuoco infernale’ del giudizio. A ogni persona era offerta l’occasione, soprattutto a coloro che, secondo i criteri religiosi comuni, erano falliti e perdenti. Gesù cercò la comunione con essi, con “i pubblicani e i peccatori”. Egli era convinto che le prostitute fossero più aperte al suo messaggio dei cosiddetti pii. (…)
Nella sua concezione di Dio egli unì due immagini tradizionali, ma in maniera nuova. Per lui Dio era padre e re. Ma non parlò mai di lui come re, bensì sempre e soltanto del suo regno. Era convinto che la bontà del ‘Padre’ si sarebbe imposta nella sua signoria e che un tale processo avesse inizio già nel presente. Questo egli annunciò, con parole e gesti concreti. (…)
Allo stesso tempo Gesù operò come guaritore carismatico. (…) In queste guarigioni egli vide i segni del regno di Dio incipiente (…). La grande trasformazione del mondo ad opera di Dio doveva mutare anche la volontà dell’uomo.
L’insegnamento etico di Gesù rappresenta il progetto di un uomo plasmato totalmente dalla volontà di Dio. Egli radicalizzò gli aspetti universali della Torah giudaica e invece si rapportò con atteggiamento ‘liberale’ nei confronti di quegli aspetti rituali intesi a separare i giudei dai pagani. Ma in tutti i suoi insegnamenti Gesù restò sul terreno della Torah. Al centro della sua etica egli pose il comandamento dell’amore di Dio e del prossimo (…). Sulle questioni rituali egli era palesemente non fondamentalista. Per quanto concerne il sabato, Gesù ampliò le norme esistenti che regolavano i casi eccezionali in cui si poteva intervenire per salvare una vita umana, estendendole ai casi in cui si doveva intervenire per promuovere la vita. Espresse chiaramente il suo scetticismo nei confronti della distinzione tra cose pure e impure (…) ma senza trarre conseguenze concrete per il comportamento quotidiano. La sua visione del regno di Dio futuro consisteva in ogni caso in un grandioso banchetto comune, in cui Giudei e pagani non fossero più separati dai precetti sugli alimenti e la purità. L’insegnamento di Gesù impartito a tutti va distinto dalle esigenze da lui poste ai suoi seguaci. Qui in alcuni casi Gesù poté richiedere infrazioni della Torah … egli esigeva l’etica radicale della libertà dalla famiglia, dai beni, dalla patria e dalle certezze. (…)
Questi scontri [con i farisei] non portarono a inimicizie mortali. Per Gesù fu fatale invece la sua critica al tempio (…). Gesù attaccò direttamente quell’istituzione: predisse che Dio avrebbe eretto un tempio nuovo al posto del vecchio. (…) Verosimilmente Gesù oscillò tra l’attesa della morte e la speranza che Dio intervenisse prima e realizzasse il suo regno. (…) Di fatto molti tra il popolo e tra i suoi seguaci s’attendevano che egli diventasse il messia regale destinato a condurre Israele a una nuova condizione di potenza. Dinanzi a Pilato Gesù non prese le distanze da quelle attese. Né lo poteva fare. Poiché era convinto che tramite lui Dio avrebbe compiuto una grande svolta in favore di Israele e del mondo. Fu condannato come agitatore politico (…).
Dopo la sua morte, egli apparve (…) a molti discepoli (…). Essi si convinsero che Gesù era vivo. La loro attesa che Dio intervenisse definitivamente in favore della salvezza si era realizzata in maniera diversa da come avevano sperato. Si trovarono perciò di fronte alla necessità di reinterpretare l’intero destino di Gesù e la sua persona (…).

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