Ormai è divenuto d’uso comune mettere in guardia da un impiego esagerato del criterio di discontinuità o doppia dissomiglianza. Ma in che cosa consisterebbe quest’uso esagerato? Ernst Käsemann ce ne offre un esempio eccellente. Si consideri il seguente breve passo:
Le problème difficile de la mesure où cette prédication a été conditionnée par une attente apocalyptique. Ce problème est également difficile parce qu’on ne peut guère prouver avec certitude l’authenticité, là où existe un accord avec le judaïsme tardif ou avec la communauté post-pascale.
Dunque, per Käsemann, collocare l’annuncio di Gesù sul regno di Dio nell’alveo dell’escatologia apocalittica (o, in modo impreciso, “apocalittica”) sarebbe problematico per la semplice ragione che non è possibile avere la certezza là dove la tradizione di Gesù si mostra in accordo con il “tardo giudaismo” (oggi: mediogiudaismo o giudaismo del secondo tempio) o con la comunità post-pasquale. Questa posizione verrà totalmente ribaltata a partire da E.P. Sanders, il quale, in modo decisamente più assennato, ritiene che l’unico modo per arrivare al Gesù storico è di seguire le tracce di colui dal quale Gesù ha preso le mosse (il Battista) e di coloro che a loro volta hanno preso le mosse da Gesù (la comunità primitiva). Ora, siccome il profilo dell’uno e dell’altra presenta marcati tratti escatologici-apocalittici, il buon senso dello storico ne conclude che lo stesso valeva per Gesù. Questo argomento viene oggi etichettato da Bart Ehrman nel modo seguente: the beginning and the end as the key sto the middle.
Quello di Käsemann, invece, io lo definirei l’argomento del Bratwurst: se intorno a Gesù c’è soltanto escatologia-apocalittica, ne segue che Gesù doveva essere… un Bratwurst. Un sostenitore odierno del Bratwurst-Jesu è J.D. Crossan, il quale ha risposto all’argomento sandersiano della continuità (obiettatogli da Allison) facendo riferimento a Gandhi, il quale fu un isola pacifista in un contesto di violenza e oppressione prima e dopo di lui. Ma nel caso di Gandhi parliamo di un clima generale, o macrocontesto, da cui egli differisce; il discorso è invece molto diverso per Gesù che fu discepolo di un apocalittico ed ebbe discepoli apocalittici.
Ma il colmo è che dopo aver eliminato l’escatologia-apocalittica dalla predicazione di Gesù, in quanto non possiamo essere del tutto sicuri che fosse proprio sua, Käsemann finisce per attribuire a Gesù la concezione più improbabile di tutte (peggio ancora del “regno sapienziale” di Crossan!), ossia l’ermeneutica escatologica di Rudolf Bultmann!
Mais enfin, contrairement aux outrances de Dodd et à son affirmation d’une eschatologie déjà réalisée, il faudra bien accorder que Jésus a parlé du Royaume de Dieu au futur. Le problème est seulement de savoir en quel sens il l’à fait. De la parole de Jésus, il ressort toutefois que la Basileia apparaît comme se frayant un chemin sur terre, et plaçant les hommes devant leur actualité et devant la décision entre l’obéissance et la désobéissance. (…) Car Jésus n’est pas venu pour prêcher des vérités générales, religieuses ou morales, mais pour dire ce qu’il en est de la Basileia qui commence à paraître, c’est-à-dire que Dieu s’est approché de l’homme dans la grâce et l’exigence
Esagerazioni e paradossi del criterio di discontinuità o doppia dissomiglianza, oggi giustamente reinterpretato da Gerd Theissen come “plausibilità contestuale” (ossia relativa originalità all’interno di una fondamentale affinità) e da Tom Holmen come dissomiglianza “a senso unico”, ossia esclusivamente rispetto alla comunità post-pasquale, e non invece rispetto al giudaismo del tempo.
(citazioni riprese da: E. Käsemann, Essais exégétiques, Delachaux & Nestlié, Neuchatel, 1972, p. 171)
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