lunedì 24 novembre 2008

In a no man's land. Quei cristiani che non avevano dove posare il capo

"In questo breve intervallo, dalla Resurrezione alla Parusia, i Gentili di Paolo, abilitati dallo Spirito, dovevano vivere come se si trovassero già nell'età messianica. (...) Insistendo sia sul fatto di non convertirsi al Giudaismo (mantenendo così il loro status pubblico e legale di pagani), sia su quello di non adorare le divinità (un diritto protettivo proprio solo dei Giudei), Paolo fece incamminare questi Gentili-in-Cristo in una "terra di nessuno" sociale e religiosa. Nel tempo precedente alla Parusia, essi non avevano letteralmente alcun posto dove stare. Una posizione che, sul lungo periodo, si sarebbe rivelata impossibile da mantenere. E' precisamente questo gruppo Gentile ad essere vittima delle persecuzioni anti-cristiane durante i lunghi secoli precedenti la conversione di Costantino nel 312. Ma Paolo non si aspettava un lungo periodo".
(P. Fredriksen, Jesus of Nazareth. King of the Jews, Vintage Books, New York, 1999, p. 135)

sabato 22 novembre 2008

Mark’s Gospel: apocalyptic or alcohol-addicted?


Surprising and provocative, sure to cause controversy, Mark as Recovery Story interprets the Gospel of Mark in terms of alcoholism and Twelve-Step recovery. Identifying numerous previously unrecognized ambiguities in the Gospel’s Greek text, John Mellon portrays Mark’s mysterious “insider” audience as a fellowship of ex-inebriates turned waterdrinkers, alcoholics whose whose spirituality of powerlessness resembled that of Alcoholics Anonymous today.
Mellon discovers in Mark, the most enigmatic of the Jesus narratives, genre features of the former drunkard’s sobriety story, and he reconstructs the first-person story Jesus would have told on his return to Galilee, culminating his Last Supper words about wine and his Gethsemane prayer for removal the cup.
Prophetic in outlook, Mark as Recovery Story, suggest a radical new theology of the ritual drinking in Christian and Jewish worship. Academically it sheds new light on such problematic aspects of the gospel as its dual audiences, peculiar apocalyptic, clandestine content, conflicting Messianic titles, and idiosyncratic passion narrative. And it traces intertextual linkages between the message of recovery in Mark and key passages in the Bible.
(from book’s front flap)

Semplicemente straordinario. E il bello viene guardando l’indice finale degli autori citati, pieno zeppo di nomi come: M. Black, R.E. Brown, M.J. Borg, R. Bultmann, M. Casey, A.Y. Collins, H. Conzelmann, J.D. Crossan, J. Fitzmyer, P. Fredriksen, S. Freyne, J. Gager, M. Hengel, R. Horsley, J. Jeremias, H.C. Kee, H. Koester, B. Lindars, B. Mack, B.J. Malina, E.P. Sanders, E. Schillebeeckx, A. Schweitzer, G. Theissen, G. Vermes, N.T. Wright etc.
Giù il cappello. Questa sì che è SCOLAR-ship seria…

mercoledì 19 novembre 2008

.... se esistesse il premio Nobel per l'editoria .... non l'avrebbe vinto Albert Schweitzer

"C'è silenzio tutto intorno. Il Battista appare e grida: "Pentiti, poiché il regno di Dio è vicino". Poco dopo viene Gesù, che, nella consapevolezza di essere il Figlio dell'uomo, lascia la presa della ruota del mondo per mettere in moto l’ultima rivoluzione che deve condurre alla fine della storia ordinaria. La ruota si rifiuta di girare ed egli si lancia sopra di lei. Quindi la ruota si muove e lo schiaccia. Invece di realizzare le condizioni escatologiche, egli le distrugge. La ruota si è mossa in avanti e il corpo maciullato di quell’uomo incredibilmente grande, che era forte abbastanza per pensare di essere il capo spirituale dell’umanità e di piegare ai suoi fini la storia, è ancora appeso ad essa. Questo è il suo regno e la sua vittoria".

Dite la verità... avete passato anche voi ore a setacciare la voluminosa Storia della ricerca sulla vita di Gesù di Schweitzer pubblicata da Paideia nel 1986, cercando INVANO di trovare questo celebre passo che vi era entrato nelle orecchie chissà quando, chissà dove.
Purtroppo, infatti, l'edizione Paideia riproduce la seconda edizione che Schweitzer fece del libro nel 1913, dalla quale il grande telogo-medico-organista alsaziano eliminò - ironia della sorte - proprio quello che era destinato a divenire forse il più immortale tra i passi della sua immortale opera.

Tuttavia, non disperate, il brano in questione lo potete pur sempre leggere seduti comodamente alla vostra scrivania cliccando qui , alle pagine 368-369 di una edizione inglese del 1911.

L'uomo Gesù. Giorni, luoghi, incontri di una vita

"Uomo della mobilità e della convivialità,
rimarrà totalmente solo e immobilizzato sul legno"

(M. Pesce-A. Destro, L'uomo Gesù. Giorni, luoghi, incontri di una vita, Mondadori, 2008, p. 214)

Dunque, per il momento, ho letto introduzione, primi due capitoli, metà del terzo e conclusione.
Davvero un bel libro. Ce ne sarà da parlare...

martedì 18 novembre 2008

Shorter is better !

Qual è la migliore, più completa, convincente - e pure avvincente - ricostruzione del Gesù storico mai scritta, nel minor numero di pagine possibile?

Tra ciò che ho letto finora, direi questa:

Paula Fredriksen, From Jesus to Christ. The Origins of the New Testament Images of Jesus, Yale University Press, New Haven/London, 2nd ed., 2000 (1st ed. 1988), pp. 94-130.

Naturalmente nulla di questa grandissima studiosa (che è pure venuta in Italia, dove ha dialogato con un allucinante Eugenio Scalfari e lo scadente Floris D'Arcais, vedi il filmato su YouTube), verrà mai pubblicato qui da noi, per non parlare del più grande di tutti, Dale Allison.
Forse è un miracolo che siano arrivati Sanders (che però nelle librerie è irreperibile già da alcuni anni) e Meier. Ce ne faremo una ragione. Comunque oggi grande attesa per l'uscita del nuovo libro di Pesce.

venerdì 7 novembre 2008

Larry Hurtado, parole sacrosante

(…) Prima di esaminare la venerazione di Cristo come fenomeno storico può essere tuttavia utile considerare un presupposto sintomatico (e a mio parere fuorviante) condiviso dalla concezione precritica e anticritica e da quella della storia delle religioni. Merita parlarne perché esso non cessa di influenzare gil ambienti sia popolari che colti.
Si tratta dell’idea che la validità di una concezione o di una pratica religiosa sia messa in discussione se la si può dimostrare come fenomeno autenticamente storico e come risultato di fattori e forze storici che è possibile tentare di precisare e studiare. Si attribuisce a D.F. Strauss, controverso biblista dell’inizio del XIX secolo, un motto spesso citato: “La vera critica del dogma è la sua storia”.
(…) Volendo salvaguardare la validità religiosa e teologica delle concezioni cristologiche tradizionali, la prospettiva anticritica ha tentato di negare o minimizzare per quanto possibile la natura storicamente condizionata della prima venerazione di Cristo. D’altra parte gli storici delle religioni erano convinti che la loro dimostrazione della natura storicamente condizionata della prima venerazione di Cristo significava che non la si doveva più considerare teologicamente valida o vincolante per i cristiani moderni.
In entrambi i punti di vista il presupposto è il medesimo: se si può dimostrare con certezza che qualcosa è emerso grazie a un processo storico, questo non può essere “rivelazione” divina o beneficiare di una validità teologica permanente.
(…) Il presupposto è di dubbio valore (…). Non ci sono motivi validi per pensare, in linea di principio, che la rivelazione divina non possa passare attraverso lunghi processi storici che coinvolgono persone e avvenimenti di tempi e luoghi particolari e che sono condizionati da culture specifiche.
(…) Il fatto di essere in grado di mostrare che determinate persone e avvenimenti rientravano in e dipendevano da processi storici, non significa che queste stesse persone e avvenimenti storicamente condizionati siano destituiti di autorità come rivelazioni divine che mantengono una qualche forma di validità permanente. Presupporre altro equivale a un pensiero filosofico superficiale.

(Tratto da: Larry Hurtado, Signore Gesù Cristo. La venerazione di Gesù nel cristianesimo più antico, volume I, Paideia, Brescia, 2006, pp. 24-25)

Dedico queste pagine ai (poveri) lettori dei vergognosi libri di José Miguel Garcia e a tutti coloro che, come Garcia, non si fanno scrupolo a prendere per i fondelli "questi piccoli", facendo passare per "esegesi" e "storia" ciò che è soltanto pura sfrenata e spudorata fantasia, che gonfia il petto di fronte al lettore infarcendo pagine di parole aramaiche, ma sotto la quale c'è il vuoto. Anzi, peggio ancora: la meditata volontà di servire la verità tramite la menzogna, ossia di ri-affermare un'approccio di fede di stampo tradizionalista-fondamentalista indossando gli abiti dell'esegeta e dello storico. Guai a voi, sepolcri imbiancati!