Il neotestamentarita di Pittsburgh Dale C. Allison ha dato probabilmente il colpo di grazia a quel luogo comune storiografico che vorrebbe distinguere una First Quest, da Reimarus fino a Schweitzer, una New o Second Quest, coincidente coi lavori dei discepoli di Bultmann, e infine una Third Quest, a partire dal 1980-85 fino ad oggi.
In uno dei saggi del suo recente libro Resurrecting Jesus (T&T Clark, New York-London, 2005), Allison si adopera a mettere impietosamente a nudo una serie di assurdità implicate in tale “fortunata” tripartizione.
La più macroscopica è certamente il fatto di alimentare l’idea secondo cui tra il 1907 – l’anno successivo alla pubblicazione alla Storia della ricerca sulla vita di Gesù di Albert Schweitzer (unanimemente considerata l’orazione funebre della First Quest) - e il 1953 - anno in cui Ernst Kaesemann tenne la sua nota conferenza su Il problema del Gesù storico – non ci sarebbe stata alcuna ricerca storica su Gesù, o, per lo meno, nessuna meritevole di seria considerazione; il che fa sì che alcune periodizzazioni giungano a dare un nome ben preciso a questi quasi cinquant’anni di presunto “vuoto” della ricerca: quello di “No Quest” (si veda ad es. il volume di Salvador Piè i Ninot, La teologia fondamentale, Queriniana, Brescia, p. 327 – N.T. Wright parla – non meno significativamente - di un periodo caratterizzato da una “moratoria” sulla ricerca sul Gesù storico).
Naturalmente, Allison ha buon gioco nel mostrare che in realtà il periodo compreso tra First e Second Quest fu caratterizzato da un'ampia serie di lavori storici su Gesù, alcuni dei quali di importanza fondamentale (si veda la lista alla fine del post). Secondo, il neotestamentarista di Pittsburgh, all’origine di questo paradosso storiografico stanno due fattori principali.
In primo luogo, una confusione su quella che fu la reale portata dell’avvento della critica delle fonti e della critica delle forme: il fatto che esse abbiano fatto crollare la speranza di poter scrivere una “biografia” di Gesù, non significa in alcun modo – come invece, a quanto pare, alcuni devono aver pensato – che con il loro avvento fosse venuta meno anche la possibilità di dire qualcosa sulle parole e gli atti del Gesù storico.
«La morte delle tradizionali ‘vite di Gesù’, l’abbandono della cornice marciana e il rifiuto di tracciare lo sviluppo dell’autocoscienza di Gesù – scrive Allison – non possono essere fatti equivalere con un’eclisse degli studi sul Gesù storico. La prima parte del XX secolo non è stata perciò un periodo di ‘no quest’, bensì di ‘no biography’» (p. 5).
Il secondo fattore all’origine del paradosso “No Quest” è una certa tendenza a guardare al passato della ricerca con “occhi bultmanniani”, come cioè se Bultmann e bultmanniani fossero stati gli unici attori presenti sul palcoscenico degli studi neotestamentari dell’epoca.
Ma questo, puntualizza Allison, è semplicemente falso, anzitutto relativamente al panorama complessivo della ricerca, ma anche in riferimento allo stesso scenario tedesco.
Fino agli anni ’50, infatti, molti seri ricercatori di area anglofona guardavano ancora alla critica delle forme come ad una “tempesta in una tazza da tè”, ed è solamente a partire da allora che, in tale ambito, ci si cominciò a rendere conto della misura in cui i vangeli riflettono gli interessi dei primi cristiani, così da non poter più nutrire quell’atteggiamento di fiducia, ora visto come un po’ a-critico, che si ritrova in lavori come quelli di T.W. Manson o Vincent Taylor.
Tuttavia – nota Allison - nel momento in cui tale consapevolezza emerse, ecco che era nel frattempo già cominciata la New Quest, il che fa sì che nella scena degli studi di lingua inglese non ci fu mai un periodo di “no quest”.
Lo stesso discepolo di Bultmann e noto (ex)new quester James Robinson, nel suo libro del 1959 A New Quest for the Historical Jesus, riconosceva come la ricerca in area anglosassone e francese fosse andata avanti in modo “relativamente indisturbato e ininterrotto”.
Ma anche in riferimento alla sola Germania – sottolinea Allison - la periodizzazione “First-New-Third Quest” fa sì che venga misconosciuta la portata dei lavori di importanti studiosi non bultmanniani come Ethelbert Stauffer e soprattutto Joachim Jeremias, i cui lavori, quali ad es. Le parabole di Gesù (or. ted. 1947) e Le parole di commiato di Gesù (or. ted. 1ed. 1935, 2ed. 1949) sono ancora oggi fondamentali punti di riferimento, così come – tornando all’area anglofona – Le parabole del regno di C.H. Dodd (or. ing. 1935) o il commentario su Q I detti di Gesù di T.W. Manson (or. ing. 1949).
Allison fa poi notare come l’etichetta New Quest sia insufficiente anche a caratterizzare il panorama degli studi compreso nell’arco di tempo che va tra il 1953 e il 1980, poiché è semplicemente falso che durante tutto questo tempo la sola ricerca su Gesù esistente fosse quella dei new questers (mentre il voler far rientrare di forza in tale etichetta i lavori degli studiosi non post-bultmanniani comporterebbe lo svuotamento di significato dell’etichetta stessa); a riguardo Allison cita le importanti cristologie neotestamentarie di Oscar Cullmann (1957), Ferdinand Hahn (1963) e Reginald Fuller (1965) – “that had much to say about Jesus” – e le teologie del Nuovo Testamento di W.G. Kuemmel (1969), Leonhard Goppelt (1975) e Joachim Jeremias (1971), le quali offrono tutte ampie presentazioni del Gesù storico.
Infine, Allison si dichiara perplesso anche a proposito dell’opportunità di parlare di una Third Quest.
“Che cosa, infatti – si domanda l’Autore - separerebbe questa supposta Terza Ricerca dalle ricerche precedenti o dai lavori antecedenti al 1980?” (p. 10).
L’attenzione alle fonti extra-canoniche? Ma alcuni tra i più importanti third questers, come Meier e Sanders, non ne fanno il benché minimo uso! La battaglia contro l’escatologia apocalittica, quale si ritrova nei lavori di Crossan, Borg e Mack? Ma qui non c’è niente di nuovo sotto il sole: la causa era già stata portata avanti ben prima da C.H. Dodd, T.F. Glasson e J.A.T. Robinson.
Si tratta allora, forse, dell’enfasi sul contesto giudaico di Gesù e sul carattere giudaico della sua figura e del suo ministero? Sì, certo, gli attuali studi dedicano molta attenzione a questi aspetti. Tuttavia questi ricercatori non fanno altro che continuare a camminare lungo la strada battuta prima da studiosi come Schlatter, Dalman, Klausner e lo stesso Jeremias.
E’ vero, noi ora non possiamo che guardare alle loro ricostruzioni del giudaismo e al loro uso delle fonti giudaiche come meno sofisticati del nostro, e, pertanto, gli attuali studiosi potranno effettivamente vedere più continuità tra Gesù e il giudaismo di quanta ne vedessero i loro predecessori. Tuttavia, con ciò non ci stiamo inoltrando su un sentiero prima inesplorato, bensì proseguiamo, pur con maggior confidenza e abilità, lungo la medesima strada di prima.
O forse, come sostengono alcuni, si dirà che la Third Quest si distingue chiaramente per l’assenza di qualsivoglia interesse teologico. Ciò è indubbiamente vero per un autore come E.P. Sanders, o anche come lo stesso J.P. Meier, il quale cerca di portare avanti il proprio lavoro attraverso una epoché metodologica radicale rispetto alle proprie convinzioni di fede. Ma lo stesso non si può dire di autori come Marcus Borg e N.T. Wright, in cui gli interessi teologici sono evidenti e, come loro stessi riconoscono apertamente, influenzano o guidano i loro progetti.
Nemmeno si può prendere come indice distintivo l’enorme volume di produzione che caratterizza la Third Quest, poiché semplicemente accade che – per ragioni che non hanno nulla a che vedere con la ricerca sul Gesù storico – vi siano più studiosi di Nuovo Testamento e più editori di quel che essi producono, di quanti ve ne fossero in passato.
Insomma – conclude Allison – “io non sono in alcun modo un’antagonista dell’innovazione; tuttavia non desidero strombazzarla là dove essa non esiste. L’asserzione circa una “Third Quest” sulla quale ci siamo imbarcati, può essere parzialmente dovuta – sospetto – a una certa “snobberia” cronologica, alla sempre presente tentazione - istintiva in un mondo tecnologicamente orientato – di guardare al nuovo come automaticamente migliore, di adulare noi stessi attribuendo alla nostra epoca un significato esagerato.
Non è forse una gran bella cosa credere che le promesse della ricerca passata si siano infine adempiute nel nostro proprio lavoro?” (p. 14).
LIBRI SU GESU’ SCRITTI IN QUELLA PRESUNTA “NO MAN’S LAND” TRA FIRST E SECOND QUEST: 1907-1953
E.D. Burton, The Life of Christ (1907); William Sanday, The Life of Christ in Recent Research (1907); A.T. Robertson, Epochs in the Life of Christ (1907); James Denney, Jesus and the Gospels (1908); Johannes Weiss, Christus (1909); C.G. Montefiore, Some Elements of the Religious Teaching of Jesus (1910); E.F. Scott, The Kingdom and the Messiah (1911), Paul Fiebig, Die Gleichnisreden Jesu im Licht der rabbinischen Gleichnisse (1912); George Holley Gilbert, Jesus (1912); Wilhelm Heitmüller, Jesus (1913); H.L. Jackson, The Eschatology of Jesus (1913); Paul Wernle, Jesus (1916); T.R. Glover, The Jesus of History (1917); W. Manson, Christ’s View of the Kingdom of God (1918); H.G. Enelow, A Jewish View of Jesus (1921); Adolf Schlatter, Die Geschichte des Christus (1921); F.C. Grant, The Life and Times of Jesus (1921); Gustaf Dalman, Jesus-Jeschua (1922); Burton Scott Easton, Christ and His Teaching (1922); Joseph Klausner, Yeshu ha-Notsri (1922); A.C. Headlam, The Life and Teaching of Jesus Christ (1923); A.H. McNeile, Concerning the Christ (1924); James Moffatt, Everyman’s Life of Jesus (1924); E.F. Scott, The Ethical Teaching of Jesus (1924); Maurice Goguel, Vie de Jésus (1925); B.W. Bacon, The Study of Jesus (1926); Shirley Jackson Case, Jesus: A New Biography (1927); Joseph Warschauer, The Historical Life of Christ (1927); Maurice Goguel, Critique et Histoire (1928); W. Michaelis, Täufer, Jesus, Urgemeinde (1928); Walter E. Bundy, Our Recovery of Jesus (1929); B.W. Bacon, Jesus the Son of God (1930); B.H. Branscomb, Jesus and the Law of Moses (1930); Burton Scott Easton, Christ in the Gospels (1930); P. Feine, Jesus (1930); Joachim Jeremias, Jesus als Weltvollender (1930); Robert Eisler, IHΣOYΣ BAΣIΛEYΣ OY BAΣIΛEYΣAΣ (2 vols. 1929-30); James Mackinnon, The Historic Jesus (1931); T.W. Manson, The Teaching of Jesus (1931); H.D. Wendland, Die Eschatologie des Reiches Gottes bei Jesus (1931); F.M. Braun, Où en est le problem de Jésus? (1932); F.C. Burkitt, Jesus Christ (1932); C.A.H. Guignebert, Jésus (1933); James Stewart, The Life and Teaching of Jesus Christ (1933); Rudolf Otto, Reich Gottes und Menschensohn (1934); C.H. Dodd, The Parables of the Kingdom (1935); Joachim Jeremias, Die Abendmahlsworte Jesu (1935); W.O.E. Oesterley, The Gospel Parables in the Light of their Jewish Background (1936); H.J. Cadbury, The Peril of Modernizing Jesus (1937); P. Couchoud, Jésus (1937); C.H. Dodd, History and the Gospels (1938); P. Gardner-Smith, The Christ of the Gospels (1938); G. Lindeskog, Jesusfrge im neuzeitlichen Judentum (1938); H.D.A. Major, T.W. Manson, and C.J. Wright, The Mission and Message of Jesus (1938); Vincent Taylor, Jesus and His Sacrifice (1938); Martin Dibelius, Jesus (1939), A.T. Cadoux, The Theology of Jesus (1940), W. Grundmann, Jesus der Galiläer und das Judentum (1940); C.C. McCown, The Search for the Real Jesus (1940), Rudolf Meyer, Der Prophet aus Galilaäa (1940); G. Ogg, The Chronology of the Public Ministry of Jesus (1940); C.J. Cadoux, The Historic Mission of Jesus (1941); J. Leipoldt, Jesu Verhältnis zu Griechen und Juden (1941); John Knox, The Man Christ Jesus (1942); W. Michaelis, Der Herr verzieht nicht die Verheissung (1942); Anthony Flew, Jesus and His Church (1943); William Manson, Jesus the Messiah (1943); A.E.J. Rawlinson, Christ in the Gospels (1944); H.B. Sharman, Son of Man and Kingdom of God (1944); W.G. Kümmel, Verheissung und Erfüllung (1945); E.C. Colwell, An Approach to the Teaching of Jesus (1946); F.M. Braun, Jesus (1947); H.J. Cadbury, Jesus: What Manner of Man? (1947); Jean G.H. Hoffmann, Les vies de Jésus et le Jésus de l’histoire (1947); G. Lundström, Guds Rike i Jesu Förkunnelse (1947) ; Johw Wick Bowman, The Religion of Maturity (1948) ; C.J. Cadoux, The Life of Jesus (1948) ; George S. Duncan, Jesus, Son of Man (1948); C.W.F. Smith, The Jesus of the Parables (1948); S.H. Hooke, The Kingdom of God in the Experience of Jesus (1949); E.J. Goodspeed, A Life of Jesus (1950); A.M. Hunter, The Work and Words of Jesus (1950); H.A. Guy, The Life of Christ (1951); J. Finegan, Rediscovering Jesus (1952); T.W. Manson, The Servant-Messiah (1953); Ernst Percy, Die Botschaft Jesu (1953).
[La lista è riportata da: D.C. Allison, Resurrecting Jesus. The Earliest Christian Tradition and its Interpreters, T&T Clark, New Yorl-London, p. 23-25. Allison riporta anche una lista di opere su Gesù uscite nel periodo 1954-79, comunemente visto come dominato dalla New Quest]
P.S. Vorrei aggiungere alle riflessioni di Allison, anche la – molto semplice – osservazione che lo stesso Bultmann, che viene appunto visto come l’emblema stesso della No Quest appartiene invece a pieno diritto (e in positivo!) alla storia della ricerca su Gesù. Egli potrà aver liquidato la ricerca storica su Gesù come inutile dal punto di vista teologico, ma non si è mai sognato di negarne la possibilità stessa in quanto storia!
Come scrive lo stesso Bultmann: “se noi sappiamo poco della vita e della personalità di Gesù, sappiamo invece molto della sua predicazione, tanto che siamo in grado di farcene un’immagine coerente” (Gesù, Queriniana, Brescia, p. 12). L’esegeta e teologo di Marburgo insomma, ben lungi dall’aver indetto “moratorie” di sorta sulla ricerca storica su Gesù, vi ha contribuito egli stesso in modo ancor oggi fondamentale, soprattutto con la sua Geschichte der Synoptischen Tradition (1921); ma anche con il volume Jesus del 1926, e, in misura ancor più ridotta, con la trentina di pagine dedicate alla predicazione di Gesù nella sua Teologia del Nuovo Testamento.
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1 commento:
Ai primini, secondini e terzini, bisognerebbe ricordare che la vera e autentica NO-Quest sta ... a Lambarené.
Cambiate mestiere, prima che sia mezzanotte ...
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