Giovanni Bazzana sul suo blog ha commentato una riflessione di Helen Bond sull’attualità del Gesù apocalittico; un Gesù che, secondo Bond, oggi non può più essere considerato una garanzia contro il sospetto di proiezioni soggettive da parte dello storico.
Infatti, dal momento che scenari di catastrofi ambientali sono ormai all’ordine del giorno, ecco che una prospettiva come quella di Mc 13 (terremoti, carestie, collasso cosmico) suona quanto mai familiare e attuale. Il Gesù apocalittico, insomma, non giunge più a noi come uno straniero, con buona pace di Schweitzer.
Che dire? Secondo me Helen Bond è troppo brava per non accorgersi che quella da lei sollevata può essere una interessantissima questione per le teologie cristiane (e credo che Moltmann si sia occupato abbondantemente di questo rapporto tra escatologia cristiana e futuro della creazione, anche nel contesto delle odierne problematiche ambientali) ma di certo non concerne affatto la figura storica di Gesù.
Lasciando da parte il problema di quanto materiale della apocalisse marciana possa essere verosimilmente fatto risalire a Gesù (e anche i sostenitori dell’apocalyptic Jesus tendono a riconoscere reminiscenze storiche solo in alcuni versi), il punto fondamentale è che lo sguardo escatologico del Gesù storico non era affatto incentrato sulla fine del mondo, bensì sulla venuta del regno di Dio (+ rivelazione del Figlio dell’uomo, giudizio etc. ). E il regno di Dio aveva a che fare con la restaurazione d’Israele (e la fine del dominio di Roma e dei suoi collaboratori), e con una utopia sociale di giustizia a beneficio specialmente di poveri e oppressi. L’escatologia di Gesù, insomma, aveva i piedi ben piantati per terra, e per la precisione nella terra di Palestina e soprattutto di Galilea nel I sec. e.v.
Benché sia del tutto verosimile che la soluzione delle problematiche proprie di tale specifico contesto storico, si rivestisse ai suoi occhi di tinte cosmiche (ossia che avrebbe comportato una trasformazione profonda e complessiva della realtà, a livello per così dire “metafisico”), di per sé né cataclismi ambientali né la distruzione della vita sulla terra, rappresentavano l’oggetto della sua riflessione e del suo annuncio.
Ma la differenza più lampante è che, mentre il Gesù apocalittico “attuale” di cui parla Bond sarebbe un ecologista ante-litteram, ossia uno che mette in guardia dalla fine del mondo per scongiurarla, il Gesù apocalittico “storico”, era, all’opposto, uno che sperava profondamente nell’avvento prossimo dell’eschaton e trovava di che gioirne.
Per cui, non dico che il Gesù storico apocalittico non possa essere co-optato dai dibattiti, dalle ideologie e dalle teologie del nostro tempo, ma di sicuro non lo è (almeno direttamente) relativamente alle questioni ecologiche (come pure quelle belliche, vedi guerre nucleari, scontri di civiltà etc.) che mettono in pericolo la vita o la vivibilità del nostro pianeta.
Da questo punto di vista sono proprio io il primo a dire che: the end-of-the-world-Jesus is not the historical Jesus.
P.S. Intanto che ci siamo, faccio presente che Helen Bond dovrebbe pubblicare un libro divulgativo sul Gesù storico verso la fine di quest'anno. Chi invece volesse conoscere il suo profilo scientifico o vedere che faccia ha, si serva pure qui.
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