lunedì 2 novembre 2009

Domande e riflessioni prima di aprire il libro di Pieter Craffert

Nei prossimi giorni (che forse saranno anche un paio di settimane) vorrei accingermi alla lettura di: Pieter F. Craffert, The Life of a Galilean Shaman: Jesus of Nazareth in anthropological-historical perspective, Cascade Books, Eugene, 2008. L'idea di comprendere determinati aspetti della figura di Gesù (esorcismi, guarigioni, rivelazioni) attraverso il modello trans-culturale dello sciamano, non è nuova, anzi mi pare che sia già stata "sdoganata" nel panorama editoriale italiano in un contributo (ora non mi ricordo esattamente di chi - forse John Pilch?) all'interno del volume edito da W. Stegemann - B.J. Malina - G. Theissen, Il nuovo Gesù storico, Paideia, 2006. La monografia di Craffert dovrebbe però, credo, costituire l'espressione ad oggi più completa di questo indirizzo interpretativo.
In realtà, sarei tentato di dire che un importante passo in questa direzione l'aveva già fatto più di vent'anni fa Marcus J. Borg (cfr. Jesus: A New Vision. Spirit, Culture and the Life of Discipleship, Harper San Francisco, San Francisco, 1987), il quale interpretava - collegandosi a sua volta alle tesi di G. Vermes sui carismatici galilei - Gesù come "a Spirit person" che è in contatto con la potenza benefica "of the other realm", e che può mediarne l'esperienza agli altri, in particolar modo attraverso l'elaborazione di una "sapienza sovversiva", a cui fa capo anche una precisa prassi politica "inclusivista" (e anti-nazionalista o anti-zelota, una caratterizzazione quest'ultima che verrà meno nel più recente lavoro di Borg del 2007).
Ma, pur senza aver letto il libro, ho già avuto modo di capire che Craffert con il suo lavoro intende prendere le distanze da tutti i Jesus Questers in genere (Borg e Jesus Seminar compresi), tutti "colpevoli" ai suoi occhi di attenersi allo sterile "paradigma dell'autenticità" e della Traditionsgeschichte.
E questo è già uno dei grossi punti di domanda con cui mi accosterò alla lettura del libro: perché contrapporre approccio antropologico e approccio storico-critico? Da questo punto di vista, mi sembrano, a prima vista, condivisibili alcuni rilievi che a Craffert muove il suo collega Andries Van Aarde (http://www.up.ac.za/dspace/bitstream/2263/7431/1/VanAarde_Anthropological%282008%29.pdf), il quale, per l'appunto - apprezzando il lavoro di Craffert - ritiene auspicabile l'integrazione, piuttosto che l'aut-aut, tra i due aprrocci.
E un altro grande punto di domanda mi si è profilato innanzi sfogliando (molto, troppo, velocemente) le pagine di The Life of a Galilean Shaman, là dove Craffert si sofferma sui due aspetti centrali del "messaggio" di Gesù - il regno di Dio e il Figlio dell'uomo - , argomentando che essi, una volta considerati all'interno del modello di quella specifica figura sociale che è lo sciamano, cessano di essere concetti o simboli che fanno riferimento ad "entità esterne" e oggettivabili (il Figlio dell'uomo come essere celeste e il regno di Dio come realtà realizzabile), e diventano, in qualche modo, semplici espressioni, culturalmente determinate, dell'esperienza visionaria del divino vissuta dallo sciamano.
In poche parole, il secondo grande interrogativo con il quale mi accosterò alla lettura del libro di Craffert è: se il regno di Dio non è altro che una codificazione linguistica di un'esperienza mistica, in che modo accade che il nostro Gesù sciamano finisca la sua vita sopra una croce come ribelle politico?
Vedremo se la lettura finirà per confermare, per rispondere oppure per liquidare (come mal posti) questi miei punti di domanda iniziali.

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