giovedì 27 ottobre 2011

Quel Giovanni...ma chi si credeva d'essere?



L'amico L.W. nel suo ottimo blog Paulus 2.0 ha pubblicato alcune interessanti pagine di Hartmut Stegemann (autorevole studioso dei Rotoli del Mar Morto) su Giovanni il Battista. Prendo volentieri lo spunto da esse per buttare giù un paio di riflessioni.

Anzitutto vorrei dire che apprezzo l'accento che Stegemann pone sull'orientamento salvifico della missione di Giovanni, anche solo per il fatto che sarebbe altrimenti ben difficile spiegarci l'ampio successo popolare da lui riscosso (sul che Flavio Giuseppe e vangeli concordano), qualora - come vorrebbe farci credere ad es. Jürgen Becker e un po' tutta l'esegesi tedesca - il suo messaggio fosse consistito solo nel dichiarare lo stato di totale perdizione d'Israele e l'abolizione di qualsiasi sua intrinseca prerogativa salvifica, secondo una diffusa e problematica lettura di Q 3,7-9.
E anche la sua valorizzazione del significato simbolico della collocazione sulla sponda orientale del Giordano è interessante, e più lo si accentua e più Giovanni diventa simile ai "profeti dei segni" (io però sono convinto che Giovanni battezzasse anche altrove ).

Stegemann mi convince invece decisamente meno nel definire "sacramentale" il battesimo di Giovanni e nell'enfatizzarne la funzione salvifica al punto da renderlo l'unica mediazione possibile. Se cerchiamo di prendere sul serio la testimonianza di Flavio Giuseppe - certo, integrandovi quelle dei vangeli -, ecco che l'immersione non ha la benché minima valenza sacramentale: è un rito di purificazione corporea attraverso cui coloro che hanno previamente ottenuto la purificazione interiore (ovvero la remissione dei peccati) tramite la conversione e atti di giustizia, completano infine il loro processo di ritorno e santificazione in preparazione dell'avvento di Dio o del suo plenipotenziario messianico (io, con Stegemann, sono per la prima).

Infine, quanto più si insiste sulla mediazione salvifica unica di Giovanni e del suo battesimo, tanto più si dovrebbe rispondere alla seguente (un po' provocatoria) domanda: ma Giovanni quante persone pensava realisticamente di poter battezzare? E chi non veniva raggiunto dalla sua predicazione? E chi, pur sentendone parlare e magari apprezzandolo, non riteneva di doverci andare perché viveva già con coerenza la Torah? Probabilmente sono domande inopportune: Giovanni, forte della sua coscienza profetica, poteva ben andare dritto per la sua strada senza porsi troppi problemi.
Bisognerebbe però rendersi conto che quando si enfatizza a tal punto l'imprescindibilità salvifica del suo battesimo (ovvero: "si salva solo chi riceve il battesimo, e un battesimo impartito da me personalmente"), si sta attribuendo a Giovanni una mentalità che definire "settaria" è decisamente poco: gli esseni almeno si salvavano con il far parte di una comunità, la Yahad (in senso ampio, non quella singola di Khirbet Qumran), e con l'osservanza radicale della Torah come da loro interpretata.

O forse Giovanni metteva in conto il battesimo... di desiderio? ( se non addirittura la possibilità di "battezzati anonimi"!)

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