domenica 15 novembre 2009

Esempio di presa per il culo editoriale

Pare che anche in Francia, ahimé, sia stato pubblicato il libretto di Hans Weder Gegenwart und Gottesherrschaf, anno 1993, tradotto anche qui in Italia per Paideia nel 2005 (Tempo presente e signoria di Dio).
Weder è probabilmente l'ultimo grande rappresentante dell'esegesi di scuola (post)bultmanniana. Pur essendo datato 1993, il libro in questione è una specie di saggio ermeneutico dell'escatologia di Gesù. E' tipico di questa scuola - da Bultmann stesso a Käsemann e Jüngel - il cercare di costruire chissà quali castelli ermeneutici sull'annuncio gesuano del regno di Dio. Bultmann però aveva il buon gusto di non proiettare la sua ermeneutica esistenziale su Gesù, lasciando che questi rimanesse nel suo posto (l'apocalittica). Non così i suoi discepoli, tra cui appunto il nostro Weder.
Non è il caso di soffermarci qui sulle eleganti elucubrazioni di Weder (del tipo: con il suo annuncio della prossimità immediata della signoria di Dio, Gesù sostituisce alla comprensione cronologica dell'apocalittica, la sua comprensione kairologica, secondo cui il futuro di Dio si spinge fin dentro il presente, come tutto nel frammento, ponendo fine al potere che il passato con le sue colpe ha sul presente e mettendo in moto l'esistere umano bla bla bla).
Chi fosse interessato a questioni di ermeneutica teologica dell'escatologia di Gesù (perché di questo si tratta, e nient'affatto di storia...), si compri pure il libretto, che costa pochissimo, è breve e, nonostante le elucubrazioni, fila via abbastanza liscio.
Ciò che qui ci interessa è invece la presentazione che del libro hanno dato Les Éditions du Cerf. Citiamola:

Ce petit livre de Hans Weder, publié en 1993 en Allemagne, « constitue un élément important du débat contemporain autour du Jésus historique et de la question eschatologique » (Elian Cuvillier). L'auteur, qui se réclame de la tradition postbultmannienne, y engage la polémique contre certains chercheurs de la « troisième quête » qui voient dans le Jésus historique un représentant de l'apocalyptique juive dont il partagerait la vision du monde et l'eschatologie. Hans Weder, au contraire, dégage l'originalité de l'eschatologie de Jésus et du christianisme primitif à travers une réflexion sur la compréhension du temps. La représentation chronologique de l'apocalyptique selon laquelle l'ancien éon impie cédera la place au nouvel éon, le Règne de Dieu, est abolie. Le « kairos » est accompli, il n'y a pas de discontinuité entre les éons ; ce qui s'accomplit dans le présent n'annonce pas la fin des temps, mais c'est un fragment du futur de Dieu qui surgit de façon fulgurante dans notre présent.

Il modo in cui viene riassunta la posizione di Weder è certamente esatto. E altrettanto esatto è che per Weder, così come per Käsemann, l'annuncio gesuano del regno di Dio, pur prendendo la "carne" (immagini, linguaggio) dall'apocalittica giudaica, se ne distingue essenzialmente (e lo stesso vale ovviamente rispetto all'annuncio apocalittico del Battista). In tutto questo il libro di Weder pare l'epitome perfetta di quella corrente di studi (e che coincide appunto con i post-bultmanniani) che si suole definire New o Second Quest.
La cosa interessante però è che l'Editore francese presenta il libro come se A) costituisse un elemento importante del dibattito contemporaneo sull'escatologia di Gesù; B) ingaggiasse una polemica con i proponenti del "Gesù apocalittico" della Third Quest.
Sulla base di una tale presentazione, chiunque si aspetterebbe chissà quali discussioni critiche dei lavori di Sanders e Meier (per non dire Fredriksen, Allison, Ehrman - e a suo modo Wright), Third-Questers eccellenti che attribuiscono a Gesù una decisa escatologia apocalittica cronologicamente imminente.
Ma in quale delusione incapperebbe il nostro povero lettore, quando, appena rincasato e scorrendo la bibliografia del volumetto, constatasse che non viene citato un solo volume o articolo in lingua inglese (con la nobile eccezione del buon vecchio Liddell-Scott!), quando la Third Quest (qualunque cosa si voglia intendere con essa) è notoriamente "roba anglofona", o quanto meno lo era nel 1993 (nella seconda metà degli anni '90 arrivano diversi contributi francesi, tedeschi e scandinavi).
Così, dopo gli altisonanti proclami, ti accorgi che i certains chercheurs de la troisième quête con cui polemizza Weder sono in realtà... Werner Georg Kümmel ed Erich Grässer!
Complimenti cara Du Cerf!
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P.S. Qualcuno si chiederà: forse per l'edizione francese, Weder ha deciso di aggiornare il suo scritto, aggiungendo un'infuocata appendice contro Sanders, Meier e i suoi connazionali apocalittici Becker e Lüdemann (e direi anche Theissen) ? Se ne può dubitare. Il libro di Weder era un esempio di isolamento e autoreferenzialità tipicamente teutonici (vedi anche i libri di Gnilka) già nel 1993, si può dubitare che abbia cambiato la sua forma mentis esegetica nel frattempo. Del resto l'Editore non dice che si tratta di un'edizione aggiornata, e l'esile numero di pagine (98 - l'edizione italiana è 85 ma con l'indice che è già pagina 7) non lo lascia affatto supporre.

lunedì 9 novembre 2009

Gesù secondo la testimonianza concorde di Mc e Q

Come noto, tra Marco e la tradizione Q esiste tutta una serie di importanti sovrapposizioni. Credo che Benedict Viviano abbia scritto alcuni anni fa un articolo su questo argomento. Cercherò di leggerlo quanto prima. Nel frattempo vorrei offrire di seguito un elenco di queste sovrapposizioni. In un secondo momento, eventualmente, vedremo di trarne qualche osservazione.

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Numerose persone dalla Giudea/dalla regione del Giordano accorrono a farsi battezzare nell’acqua da Giovanni, il quale esorta al pentimento a fronte del battesimo in fuoco/spirito che sarà amministrato dal più forte che viene dopo di lui (cfr. Q 3,2-9 ; 3,16-17 // Mc 1,4-5 ; 1,7-8).

Gesù viene battezzato da Giovanni, e in tale occasione vede i cieli aperti, sperimenta l’inabitazione dello Spirito e la figliolanza divina (cfr. Q 3,21-22 // Mc 1,9-11).

Gesù viene condotto dallo Spirito nel deserto, dove è tentato per quaranta giorni da Satana (cfr. Q 4,1-2 // Mc 1,12-13).

Gesù viene in Nazara/nella sua patria (cfr. Q 4,16 // Mc 6,1).

Gesù ammonisce che con la misura con cui si misura, si verrà misurati (cfr. Q 6,38 // Mc 4,24).

Gesù sottolinea che l’essenziale è fare la volontà di Dio (cfr. Q 6,46 // Mc 3,35).

Gesù entra a Cafarnao (cfr. Q 7,1 // Mc 2,1).

Gesù applica a Giovanni la profezia di Isaia sul messaggero (Q 7,24-27 // Mc 1,2).

Gesù istruisce i discepoli alla missione: non portare con sé né borsa, né bisaccia, bastone no/sì (Q 10,3 // Mc 6,8); entrare nelle case, annunciando un messaggio escatologico (vicinanza del regno/pentimento) e curando gli ammalati (cfr. Q 10,5-9 // Mc 6,10-13). Scuotere la sabbia/la terra dai sandali/da sotto i piedi, nel caso di mancata accoglienza (cfr. Q 10,10-12 // Mc 6,11).

Gesù afferma che chiunque accoglie loro/accoglie uno di tali bambini nel suo nome, accoglie lui stesso e colui che lo ha mandato (cfr. Q 10,16 // Mc 9,37).

Gesù viene accusato da alcuni/da scribi di cacciare i demoni grazie all’aiuto di Beelzebul. Gesù risponde che un regno e una casa che sono divisi in sé stessi, non possono stare in piedi (cfr.  Q 11,14-18 // Mc 3,22-25), [e che il regno di Dio è giunto/Satana ha fine (cfr. Q  11,19b // Mc 3,26).

Gesù afferma che la casa di uno forte non può essere saccheggiata, ma se uno più forte lo vince/lo lega, allora può essere saccheggiata (cfr. Q 11,21-22 // Mc 3,27).

Gesù afferma che chi non è con lui è contro di lui/chi non è contro di lui è per lui (cfr. Q 11,23a // Mc 9,40).

Alcuni/i farisei chiedono a Gesù un segno. Gesù sottolinea che questa generazione chiede un segno, ma afferma che non ne riceverà alcuno/alcuno eccetto il segno di Giona (cfr. Q 11,16.29-30 // Mc 8,11-12).

Gesù osserva che una lampada non va messa in un posto nascosto/sotto il moggio o sotto il letto, ma sul lampadario (cfr. Q 11,33 // Mc 4,21bc).

Gesù inveisce contro i farisei/gli esegeti della legge, che amano i primi posti nei banchetti e nelle sinagoghe ed essere salutati nelle piazze (cfr. Q 11,42-44 // Mc 12,38c-39).

Gesù sentenzia che non c’è nulla di coperto/nascosto/segreto che non sarà esposto/rivelato/conosciuto/verrà alla luce (cfr. Q 12,2 // Mc 4,22).

Gesù ammonisce che la posizione assunta nei suoi confronti davanti agli uomini, sarà ratificata dal Figlio dell’uomo davanti agli angeli (cfr. Q 12,8-9 // Mc 8,38).

Gesù ammonisce che chiunque dice una parola contro un uomo (un figlio dell’uomo), gli sarà perdonato/che qualsiasi bestemmia pronunciata dai figli degli uomini sarà perdonata loro, ma chi dice una parola/bestemmia contro lo Spirito Santo, non gli sarà perdonato (cfr. Q 12,10 // Mc 3,28-29).

Gesù invita i discepoli a non preoccuparsi di cosa dire allorché saranno condotti di fronte alle sinagoghe, poiché sarà lo Spirito a insegnare cosa dire/a parlare (cfr. Q 12,11-12 // Mc 13,9-11).

Gesù raccomanda di non avere un tesoro sulla terra/di vendere ciò che si possiede, e di farsi piuttosto un tesoro in cielo (cfr. 12,33-34 // Mc 10,21b).

Gesù esorta i discepoli a essere pronti/a vegliare, poiché il Figlio dell’uomo/il padrone di casa viene in un’ora inattesa/non conosciuta (cfr. Q 12,40 // Mc 13,35).

Gesù si chiede a cosa paragonare il regno di Dio: è come un grano di senape che, seminato, cresce e diventa un albero/un grande ortaggio alla cui ombra/tra i cui rami possono ripararsi gli uccelli del cielo (cfr. Q 13,18-19 // Mc 4,30-32).

Gesù rimarca che per essere suoi discepoli è necessario prendere la propria croce (cfr. Q  14,27 // Mc 8,34b), e ammonisce che chi vuol salvare la sua vita, la perderà, e chi perde la sua vita per causa sua, la salverà (cfr. Q 17,33 // Mc 8,35).

Gesù osserva che il sale e buono, ma se diventa insipido, con che cosa lo si salerà/gli si renderà il sapore? (cfr. Q 14,34 // Mc 9,50).

Gesù sentenzia che chiunque ripudia sua moglie e ne sposa un’altra, commette adulterio, e che chi sposa una ripudiata/la moglie che ha ripudiato il marito e ne sposa un altro, commette adulterio (cfr. Q 16,18 // Mc 10,11-12).

Gesù ammonisce che per colui che causa scandali, sarebbe meglio per lui che gli fosse appesa al collo una macina da mulino e venisse gettato nel mare (cfr. Q 17,1-2 // Mc 9,42).

Gesù assicura che chi, avendo fede, dice a questo sicomoro/a questo monte: Sradicati/Levati e sìì trapiantato/gettati nel mare, esso gli obbedirà (cfr. Q 17,6 // Mc 11,23).

Gesù mette in guardia i discepoli dal seguire/credere a chi dica loro: Ecco, è nel deserto/il Cristo è qui, ecco è nelle stanze interne/il Cristo è là (cfr. Q 17,23 // Mc 13,21).

[Gesù parla di posti/troni su cui i discepoli siederanno nella sua gloria/nella gloria del Figlio dell’uomo/nel regno (cfr. Q 22,28-30 // Mc 10,37.39) ]

mercoledì 4 novembre 2009

The historiographic significance of the Bradford (Caird) Family



L’editrice Paideia di Brescia ha appena tradotto e pubblicato un libro dell’esegeta inglese George Bradford Caird, Lingua e linguaggio figurato nella Bibbia (The Language and Imagery of the Bible), originariamente apparso nel lontano 1980. Un lavoro che l’Autore stesso definisce “un libro di testo di semantica elementare esemplificata attingendo all’Antico e al Nuovo Testamento” (p. 14).
Personalmente non ho avuto modo di leggerlo per intero, e nemmeno per buona parte, né in inglese né in italiano, e ritengo che non potrò rimediare a questa “mancanza” ancora per molto tempo.
Nondimeno, per quel che concerne la materia principale di questo blog, il libro di Caird, anzi la figura stessa di Caird, ha una indubbia importanza storiografica.
Cominciamo con la figura: G.B. Caird, docente alla gloriosa Università di Oxford (“I listened to other students talking about Caird ‘defending the walls of Oxford against the German invasion’”, riferisce pittorescamente M.J. Borg in “A Temperate Case for a Non-Eschatological Jesus” Foundations & Facets Forum 2 (1986) 81-102), è stato il Doktorvater di due dei più popolari Jesus Questers degli ultimi due decenni: l’ora vescovo anglicano N.T. Wright e il suo amicone americano Marcus J. Borg, coordinando le rispettive dissertazioni dottorali su Paolo e sulla politica di Gesù.
Venendo invece al libro, l’ultimo capitolo, il 14°, è dedicato a “La lingua dell’escatologia”. Ebbene, si tratta di un capitolo fondamentale proprio per l’influenza diretta e decisiva che ha avuto nel modo in cui i suoi "figliocci" Wright e Borg hanno concepito il rapporto tra Gesù e l’escatologia.
In questa sede non è evidentemente possibile entrare nei dettagli della questione, per cui preferisco lasciare la parola direttamente ai tre studiosi, riportando alcune citazioni significative.

CAIRD:
“La mia proposta può essere illustrata in tre proposizioni: (…) 1. Gli autori biblici credevano alla lettera che il mondo avesse avuto un inizio nel passato e avrebbe avuto una fine nel futuro. 2. Essi ricorrevano regolarmente al linguaggio della fine del mondo in senso metaforico per parlare di ciò che sapevano bene non essere la fine del mondo. 3. Come avviene con tutti gli altri usi della metafora, si deve tenere conto che è verisimile un fraintendimento nel segno della letteralità da parte dell’uditore, ed è possibile una certa confusione dei limiti fra veicolo e tenore da parte del parlante” (G.B. CAIRD, Op. cit., p. 311).

BORG:
“The threat tradition of the synoptics thus contains two elements. On the one hand, decisions taken for or against the mission of Jesus would have eternal consequences (e.g. Mk 9:43-48; Lk 10:12-15 par., 11:31-32 par.; 12:8-9 par.; Mt 25,31-46). But this was not imminent, nor was this the primary source of urgency. [Si tratta del punto n. 1 di Caird]. What was imminent was the historical consequence of continuing to pursue the quest for holiness as separation (…): the threatened destruction of Jerusalem and the Temple (..). That was the crisis Jesus announced to his contemporaries. (…) only the imagery of cosmic disorder and world judgment would have been adequate to speak of the destruction of Jerusalem and the Temple (…). The position maintained here, then, is that the transcendent imagery (…) which speaks of imminent universal disorder, is consistent with the threat of the destruction of Jerusalem and the Temple. Only such language was sufficient to express the significance of the destruction of Jerusalem [e quest è il punto n. 2 di Caird]”.
(M.J. BORG, Conflict, Holiness and Politics in the Teaching of Jesus, 2nd ed., Trinity Press International, Harrisburg, 1998, pp. 227-229; 1st ed. 1984).

WRIGHT:
“Within the mainline Jewish writings of this period (…), there is virtually no evidence that Jews were expecting the end of the space-time universe. There is abundant evidence that they, like Jeremiah and others before them, knew a good metaphor when they saw one, and used cosmic imagery to bring out the full theological significance of cataclysmic socio-political events” (N.T. WRIGHT, The New Testament and the People of God, SPCK/Fortress, London/Minneapolis, 1992, p. 333).
“(…) the imagery of Mark 13,24-5, 27 can be easily understood. These verses, as Caird urged, are not ‘flat and literal prose’. They do not speak of the collapse or end of the space-time universe. They are (…) typical Jewish imagery for events within the present order that are felt and perceived as ‘cosmic’ or, as we should say, as ‘earth-shattering’. More particularly, they are regular Jewish imagery for events that bring the story of Israel to its appointed climax. (…) The result of ‘the vindication of the son of man’ is that exile will at last be over (…). The promises to Jerusalem, to Zion, are now transferred to Jesus and his people. Meanwhile Jerusalem herself has become the great enemy, the city whose destruction signals the liberation of the true people of God” (N.T. WRIGHT, Jesus and the Victory of God, SPCK/Fortress, London/Minneapolis, 1996, pp. 362-363).

[Wright assolutizza il punto n. 2 di Caird, lasciando del tutto cadere il punto n. 1 – e introducendo in compenso – come si vede chiaramente –, al posto del “crasso letteralismo” che egli attribuisce all’interpretazione tradizionale dell’escatologia, una non meno “crassa” e sfacciata lettura apologetica, di cui bene ha detto Paula Fredriksen: “This hypothesis is coherent and parsimonious, offering the simplest explanation so far of the rise of Chrisitanity: Jesus created it” (P. FREDRIKSEN, “What You See Is What You Get: Context and Content in Current Research on the Historical Jesus” Theology Today 52 (1995) 75-97, p. 89)].

Al lettore il giudizio sulla plausibilità dell'interpretazione dell’escatologia offerta dalla famiglia Bradford.

lunedì 2 novembre 2009

Domande e riflessioni prima di aprire il libro di Pieter Craffert

Nei prossimi giorni (che forse saranno anche un paio di settimane) vorrei accingermi alla lettura di: Pieter F. Craffert, The Life of a Galilean Shaman: Jesus of Nazareth in anthropological-historical perspective, Cascade Books, Eugene, 2008. L'idea di comprendere determinati aspetti della figura di Gesù (esorcismi, guarigioni, rivelazioni) attraverso il modello trans-culturale dello sciamano, non è nuova, anzi mi pare che sia già stata "sdoganata" nel panorama editoriale italiano in un contributo (ora non mi ricordo esattamente di chi - forse John Pilch?) all'interno del volume edito da W. Stegemann - B.J. Malina - G. Theissen, Il nuovo Gesù storico, Paideia, 2006. La monografia di Craffert dovrebbe però, credo, costituire l'espressione ad oggi più completa di questo indirizzo interpretativo.
In realtà, sarei tentato di dire che un importante passo in questa direzione l'aveva già fatto più di vent'anni fa Marcus J. Borg (cfr. Jesus: A New Vision. Spirit, Culture and the Life of Discipleship, Harper San Francisco, San Francisco, 1987), il quale interpretava - collegandosi a sua volta alle tesi di G. Vermes sui carismatici galilei - Gesù come "a Spirit person" che è in contatto con la potenza benefica "of the other realm", e che può mediarne l'esperienza agli altri, in particolar modo attraverso l'elaborazione di una "sapienza sovversiva", a cui fa capo anche una precisa prassi politica "inclusivista" (e anti-nazionalista o anti-zelota, una caratterizzazione quest'ultima che verrà meno nel più recente lavoro di Borg del 2007).
Ma, pur senza aver letto il libro, ho già avuto modo di capire che Craffert con il suo lavoro intende prendere le distanze da tutti i Jesus Questers in genere (Borg e Jesus Seminar compresi), tutti "colpevoli" ai suoi occhi di attenersi allo sterile "paradigma dell'autenticità" e della Traditionsgeschichte.
E questo è già uno dei grossi punti di domanda con cui mi accosterò alla lettura del libro: perché contrapporre approccio antropologico e approccio storico-critico? Da questo punto di vista, mi sembrano, a prima vista, condivisibili alcuni rilievi che a Craffert muove il suo collega Andries Van Aarde (http://www.up.ac.za/dspace/bitstream/2263/7431/1/VanAarde_Anthropological%282008%29.pdf), il quale, per l'appunto - apprezzando il lavoro di Craffert - ritiene auspicabile l'integrazione, piuttosto che l'aut-aut, tra i due aprrocci.
E un altro grande punto di domanda mi si è profilato innanzi sfogliando (molto, troppo, velocemente) le pagine di The Life of a Galilean Shaman, là dove Craffert si sofferma sui due aspetti centrali del "messaggio" di Gesù - il regno di Dio e il Figlio dell'uomo - , argomentando che essi, una volta considerati all'interno del modello di quella specifica figura sociale che è lo sciamano, cessano di essere concetti o simboli che fanno riferimento ad "entità esterne" e oggettivabili (il Figlio dell'uomo come essere celeste e il regno di Dio come realtà realizzabile), e diventano, in qualche modo, semplici espressioni, culturalmente determinate, dell'esperienza visionaria del divino vissuta dallo sciamano.
In poche parole, il secondo grande interrogativo con il quale mi accosterò alla lettura del libro di Craffert è: se il regno di Dio non è altro che una codificazione linguistica di un'esperienza mistica, in che modo accade che il nostro Gesù sciamano finisca la sua vita sopra una croce come ribelle politico?
Vedremo se la lettura finirà per confermare, per rispondere oppure per liquidare (come mal posti) questi miei punti di domanda iniziali.