Un teologo accese una lanterna in pieno giorno, raggiunse la piazza del paese e cominciò a gridare: “Cerco l’uomo! Cerco l’uomo!”. In un baleno, usci e finestre si spalancarono da ogni lato e uno sciame caotico di voci e schiamazzi avvolse il teologo. Dopo qualche istante di sbigottimento, il teologo riprese coraggio, si lucidò gli occhiali e cominciò a guardare un po’ meglio intorno a sé.
Dall’osteria a due passi, un gruppo di persone, tutti intenti a giochicchiare con palloncini colorati, tra cui spiccava un certo Funky Bob, gli si rivolgeva animatamente: “E’ qui, è qui al party che scherza e si sollazza con vino e porchetta insieme a tutti noi!”.
E subito la voce gentile di un omino esile di nome Dominique Croissant, lo corresse affettuosamente: “Dai vecchio Bob, non essere così gretto! Sì, d’accordo, cibo, bere e perfino cure gratis per tutti sono una gran cosa. Ma non banalizziamo: quello che veramente accade qui dentro è molto di più: è una rivoluzione, è un mondo alternativo in cui tutti siamo fratelli. Un mondo proprio come lo vorrebbe il buon Dio”.
BUUURP! Improvvisamente le amichevoli parole di Dominique furono interrotte da un rumore cavernoso, proveniente giusto da due passi più in là, fuori dalla porta dell’osteria, dove stavano due individui dall’aspetto sudicio e poco rassicurante. Uno pisciava contro il muro, l’altro se ne stava acquattato dentro una botte, fischiettando imperturbabile un motivetto, incurante di tutto il trambusto in corso. Il primo rivolse, svogliato, una mezza parola al teologo: “Burp… io mi chiamo Burton Crack. Chi cerchi probabilmente è lui – disse,accennando con un lieve movimento del capo al suo amico nella botte – , o magari no. Ad ogni modo, chissenefrega”.
“Ma piantala, testa parlante! – lo interruppe a sua volta un altro tizio, proveniente dal centro della piazza - Con la farsa di questo tuo evasivo menefreghismo piccolo-borghese, non fai che il gioco dei potenti!” . “Buon giorno, compagno! – si rivolse poi al teologo – Il mio nome è Richard, Richard “il cavallerizzo”, e colui che cerchi è laggiù, in mezzo a quella folla, vedi? Stiamo facendo un’assemblea popolare, c’è tutto il paese… o quasi… perché dobbiamo essere uniti – così lui ci dice -, porre fine ai nostri contenziosi, e capire che solo maturando una vera coscienza di classe contadina saremo in grado di resistere…”.
“Ma resistere a cosa, a chi, buono uomo? Alle tasse, alle angherie dei preti cattivi asserviti ai re, per non parlare del bigottume degli uomini di legge? ” – soggiunse ironicamente un signore elegante e ben educato, seppur con uno stridente accento texano – Ma suvvia, guardati intorno: credi davvero che la vita quaggiù sia peggiore e più intollerabile che altrove? E dove sarebbero poi tutte queste tasse e questa fantomatica folla arrabbiata di cui vai blaterando? Buon uomo, tutto quel che mi riesce di vedere è invece che il grande e il piccolo osservano la stessa legge, frequentano gli stessi bagni comunali, e, quando tempo e impegni lo permettono, salgono sullo stesso autobus per andare alle grandi celebrazioni in città!”.
“Buongiorno! – disse a quel punto l’uomo ben educato, rivolgendosi al teologo -. Il mio nome è Edoardo Parrocchia S. e non ho potuto fare a meno di sentire che stavate cercando qualcuno. Purtroppo non so dirvi dove ora si trovi. Tutto ciò che so, e che ritengo sia possibile sapere con un ragionevole grado di probabilità, è che è stato qui e che si è creato un piccolo seguito a cui promise un grande destino in un qualche “regno” che si sarebbe dovuto manifestare molto presto. Certo era un sognatore, ma non mi risulta in ogni caso che abbia mai avuto grane con nessuno, e, checché ne dicano gli altri, anche l’ultima volta che lo si è visto – presso il tempio giù in città, intento, pare, a ribaltare due o tre tavoli -, dubito che intendesse davvero fare polemiche o creare disordini, piuttosto che dar semplicemente sfogo a qualche impulso del suo spirito utopico. Anche se forse, dopo tutto, quella potrebbe non essere stata la più prudente delle idee…”. “Sempre che abbia fatto veramente qualcosa, nel tempio, Ed!” – lo interruppe una passante di aspetto assai gradevole. “D’accordo, Paula, d’accordo” – replicò lui, sorridendo bonariamente.
Ed ecco che subito gli si avvicinò un uomo delicato e dagli occhi tristi, di nome Dale Jr., o piu semplicemente Junior, che, annuendo, si riallacciò alle parole del gentleman texano: “Sì, l’ho visto anch’io. Era proprio un sognatore e le sue parole di speranza mi hanno incantato. Noi tutti eravamo ricolmi del più alto entusiasmo, ed era come se le sue promesse di beatitudine e di soluzione di ogni male e ingiustizia, di un mondo completamente rinnovato e trasformato, senza più lacrime e lutto, stessero già per materializzarsi davanti a noi. E invece tutto è finito ed ogni cosa è rimasta esattamente quella di prima. E benché tutte quelle speranze non fossero appunto altro che sogni, io credo nondimeno che è proprio in nome di questi sogni, e solo di essi, che valga la pena continuare a vivere”.
“Oh, piantala Dale con questi piagnistei – proruppe vigorosamente un uomo di grossa stazza dalla testa ovale e calva, che avanzava, in abito ecclesiastico, a grandi passi dalla cattedrale -. Ma è possibile che tu sia ancora così imbevuto di quel crasso letteralismo che vede dappertutto la fine del mondo, dello spazio-tempo, e uomini che volano sulle nubi? Su dai, vieni con me, e venite anche Voi – disse rivolendosi al teologo – dentro in chiesa, che ci sediamo nella cappella di San Schweitzer e vi rispiego daccapo la storia della sua fondazione. Sì, perché dovete sapere che la nostra chiesa è nata proprio da quell'uomo che voi cercate, anzi, è veramente la piena, perfetta e insuperabile realizzazione di tutte le sue profezie di redenzione e di giudizio che erroneamente tu, Dale, intendevi in senso cosmico. Ma fidati di me, che so riconoscere una buona metafora quando ne incontro una: lui non parlava d’altro che dell’abbattimento del vecchio tempio giù in città, ormai troppo logoro per poter essere restaurato, e della conseguente erezione della nostra bellissima cattedrale e della nascita del vero popolo di Dio, che io, vescovo Nicola Tommaso il Giusto, ho la grazia di poter guidare”.
Il teologo si fermò a contemplare ammirato la grandiosa maestà della cattedrale, ma dopo poco il suo sguardo non poté fare a meno di spostarsi su di un altro edificio, ancora più monumentale del primo, ma che a differenza di questo non aveva per nulla l’aspetto di un luogo sacro. Era piuttosto un palazzo immenso, composto di quattro enormi piani, e che al tempo stesso sembrava però essere ancora incompiuto, un cantiere aperto, quasi che non potesse smettere di continuare a crescere all’infinito, fino a toccare la cupola del cielo.
D’un tratto, da ognuno dei balconi dei piani del palazzo, si affacciarono quattro omini tutti uguali, magri e dal volto pallido, con enormi paia di occhiali demodé, e tutti portavano sul capo una strana mitra non-papale. “Salve!” – esclamarono in coro, sorridenti e affabili, i sedici omini -. “Io sono Giovanni Paolo il Cattolico” – soggiunsero i primi -; “Io sono Giovanni Paolo il Protestante” – fecero eco i secondi -; “Io sono Giovanni Paolo l’Agnostico” – aggiunsero i terzi; “Io sono Giovanni Paolo l’Ebreo” – dissero infine i quarti. “Siamo chiusi qui dentro da sedici anni in conclave – proseguirono tutti all’unisono – con lo scopo di ricreare in laboratorio l’uomo che anche tu stai cercando. Entra pure se vuoi: al primo piano potrai trovare il suo scheletro, al secondo la sua bocca e qualche suo sputo misto a fango, al terzo ci sono gli elenchi di tutti numeri telefonici che ha chiamato e di quelli che non ha chiamato. Al quarto, poi, i cui lavori sono da poco terminati, potrai udire spezzoni di noiose discussioni legali che ti consentiranno di apprezzare la nostra più certa e straordinaria conclusione: l’uomo che cerchi, non era americano! Ma se vuoi saperne di più, ti consigliamo di accomodarti nell’atrio e aspettare che terminiamo il nostro conclave. Ci metteremo un po’ forse, ma presto o tardi ne usciremo, non temere!”.
A queste ultime parole, il teologo cominciò a sentirsi mancare. Aveva le traveggole e gli pareva di delirare. Vedeva i sedici omini occhialuti guardarlo dall’alto con il loro imperturbabile sorriso, e, girandosi intorno a sé, si accorse che anche tutti gli altri interlocutori precedenti non avevano mai cessato di seguirlo e di sussurrargli i loro discorsi negli orecchi. E, peggio ancora, quanto più in là i suoi occhi si spingevano, e tanta più gente vedeva affluire da ogni direzione, e tutti si sbracciavano e gli gridavano: “E’ qui! E’ qui! Lo puoi trovare da noi!”.
Infine, tutto cominciò ad annebbiarsi e l’ultima cosa che il teologo vide fu la fiamma della sua lanterna spegnersi.