Quel Giovanni doveva avere un ego smisurato: potrete essere salvati soltanto attraverso la mia immersione. (…) Ma se Gesù si lasciò battezzare da questo egocentrico, doveva essersi persuaso che avesse ragione: ossia che il dies irae era dietro l’angolo. (…) In quel periodo della sua vita Gesù si considerò un discepolo del Battista e, per breve tempo, lo ammirò molto (…).
Fu obbligato anche lui [Gesù] a confessare che tipo di peccati avesse commesso fino ad allora (…). Non è più possibile appurare quali fossero quei peccati. Forse era stato un puttaniere, più avanti pare che invitasse volentieri prostitute ai suoi pranzi collettivi.
Quando anche Gesù si mise a battezzare, per conto suo, insidiò la posizione eccezionale che si era ritagliato Giovanni. Oggi lo chiameremmo plagio, in quanto Gesù “rubò” il battesimo di Giovanni.
Mi sembra evidente che i discepoli di Giovanni avevano scoperto che Gesù aveva messo su una propria versione del rito battesimale del loro maestro e che, di conseguenza, andarono su tutte le furie e si precipitarono dal Battista per lamentarsi: «Ecco [Gesù] sta battezzando e tutti accorrono a lui».
(…) a mio parere proprio la prima parte del versetto è quella più importante: «Ecco sta battezzando». Il che significa: «Guarda un po’, quello stronzo di Gesù ha pure la faccia tosta di mettersi a battezzare!». L’ostilità dei discepoli di Giovanni trasuda da tutti i pori.
(da P. Verhoeven, L’uomo Gesù. La storia vera di Gesù di Nazaret, Marsilio, Venezia, 2010, pp. 71-83)
Penso che questi pochi estratti rendano bene l’atmosfera del recentissimo libro su Gesù scritto da Paul Verhoeven, meglio noto come regista di immortali capolavori della cinematografia quali Robocop, Basic Instinct e Starship Troopers.
Sarebbe fin troppo facile puntare il dito sulle numerose esagerazioni e le ipotesi peregrine che si incontrano ad ogni pagina. Sarebbe facile e anche un po’ ingiusto. Perché, a dispetto di tutti gli aspetti coloriti e un po' dilettantistici del libro, almeno due meriti vanno riconosciuti a Verhoeven.
1. L’essersi cimentato in modo approfondito con la storia della ricerca su Gesù, da fine Ottocento ad oggi. I riferimenti bibliografici e gli studiosi di volta in volta citati nel volume, sono del tutto seri e rispettabili, e l’Autore mostra di sapersi muovere con una certa dimestichezza all’interno di tale letteratura. Insomma, Verhoeven è per lo meno uno che prima di mettersi a scrivere, ha avuto la decenza di andarsi a leggere un pacco di roba, e questa è una cosa estremamente apprezzabile in chi coltiva una materia da semplice appassionato e non-addetto ai lavori.
2. Verhoeven ha partecipato attivamente alle riunioni del Jesus Seminar (il libro è peraltro dedicato alla memoria di Robert Funk), ciononostante non si fa scrupoli ad andare controcorrente rispetto al Seminar su alcune questioni fondamentali, ad esempio nell’attribuire a Gesù una forte attesa escatologica imminente, al punto che Verhoeven stesso, dopo aver riconosciuto il suo debito nei confronti del gruppo californiano, scrive: “non credo che il Jesus Seminar sia molto felice di questo libro” (p. 16).
In definitiva, penso che il libro di Verhoeven possa costituire una gustosa lettura da spiaggia (o da tazza del cesso), per chi sentisse il bisogno di rilassarsi un poco da tomi più impegnativi.