mercoledì 17 dicembre 2008

Jesus of Nazareth: a marginal Essene? Dubbi su una recente ipotesi

Secondo John Dominic Crossan è necessario distinguere due tipi di apocalittica o millenarismo: una versione letterata e una illetterata, una fatta di parole e una fatta di segni, una per le classi alte e una per le classi basse, una per gli scribi e una per i contadini (cf. The Historical Jesus, p. 158).
La puntualizzazione di Crossan è quanto mai opportuna. Ed è anche in base ad essa che guardo con un certo scetticismo a una recentissima proposta (in verità, per il momento soltanto accennata e non ancora formulata) che vorrebbe ricondurre Gesù nel mondo enochico-essenico (cf. Gabriele Boccaccini, Oltre l'ipotesi essenica, Morcelliana).
La cosiddetta "ipotesi di Groningen" su una differenziazione tra qumranici ed esseni (i primi sarebbero un'ala estrema e distaccata dei secondi) e il quadro del "mediogiudaismo" delineato da Boccaccini, mi sembrano interessanti e abbastanza convincenti. Trovo altresì verosimile che il cristianesimo nascente abbia mosso alcuni passi importanti della sua vita nell'alveo dell'essenismo, e di ciò si potrebbe trovare testimonianza persino nel vangelo di Matteo, il cui materiale sul Figlio dell'uomo, a differenza di quello di Marco e di Q, presenta alcuni punti di contatto con le Parabole di Enoc.
Ma una cosa è Gesù e un'altra il cristianesimo nascente.
Per parte mia, fatico molto a vedere in Gesù un esseno (e non mi sto riferendo ovviamente ai qumranici: sto invece ragionando all'interno della ipotesi portata avanti da Boccaccini).
Ci sono molti aspetti concreti dell'attività di Gesù che mal s'inquadrano con le caratteristiche degli esseni: questi, costituivano delle comunità abbastanza chiuse ed esclusive, benché non "separate" come quella di Qumran; Gesù invece porta avanti un ministero all'insegna della più radicale inclusività: donne, gente cronicamente impura e peccatori sono al centro della sua attenzione e ricevono una considerazione altamente positiva, certamente in stridente contrasto con quella che ne potevano avere gli esseni.
Gesù non pare affatto concentrato su un'osservanza meticolosa e rigorosa delle leggi di purità e del sabato: forse anche per ragioni pratiche, il suo atteggiamento su entrambi i punti sembra abbastanza "liberale". Gli esseni, al contrario, rappresentavano un esempio di osservanza molto rigida, probabilmente più ancora di quella farisaica.
Da ultimo, gli esseni - vista la loro collocazione marginale e parzialmente conflittuale nel giudaismo dell'epoca - avevano certamente dei vincoli di solidarietà interna molto forti e intensi, e anche questo elemento, senza essere decisivo, non depone certo a favore di un'appartenenza di Gesù a tale ambiente. Gesù infatti ebbe come obiettivo sistematico di spezzare i legami familiari e sociali che gli individui, specialmente la generazione intermedia, avevano con la loro household di appartenenza (su tutto questo si veda M. Pesce - A. Destro, L'uomo Gesù, 2008). Per cui, quand'anche si voglia sostenere che Gesù provenisse da un'ambiente esseno, è certo che egli se ne stacco in modo radicale.

Oltre a questo, bisogna dire che ciò che conosciamo degli esseni (non dei qumraniani!) non è certo molto. Certamente, Flavio Giuseppe e Filone (oltre a storici romani come Plinio) ci danno una preziosa serie di informazioni, da parte di osservatori "esterni". La voce degli esseni, o almeno la loro speciale tradizione fondante, la potremmo individuare nell'abbondante corpus della letteratura enochica. Benissimo. Ma proprio su questo punto interviene il monito di Crossan: le apocalissi enochiche s'inquadrano sociologicamente in un mondo elitario, di sacerdoti (benché esclusi) e di scribi. Ma questo non è affatto il mondo di Gesù.
Per cui, il massimo che si può concedere è che nell'humus religioso galilaico in cui Gesù si è formato, potevano circolare influenze enochico-esseniche (ad es. la figura del Figlio dell'uomo, che Gesù d'altra parte potrebbe anche aver valorizzato a prescindere dalla tradizione enochica, rifacendosi semplicemente a Daniele). Questa possibilità sembra essere sostenuta anche da una certa rilevanza che nella letteratura enochica riveste un antico santuario del nord della Galilea (ora non mi viene il nome...scrivo mentre sono a lavoro), un elemento di connessione che è stato sottolineato anche da Sean Freyne (Gesù. Ebreo di Galilea, San Paolo).
Ma questo significa soltanto che le idee caratteristiche di un movimento, hanno le braccia lunghe e circolano anche al di fuori del movimento che se ne fa portatore. Da questo punto di vista, Gesù può aver ripreso e fatto proprie idee tipicamente essene come idee tipicamente farisaiche (sotto la spessa scorza degli aspri conflitti gesuano-farisaici che troviamo nei vangeli - i quali, pur avendo certamente un fondamento storico, rappresentano in buona parte una retroproiezione di una successiva situazione di conflitto in cui si trovava la chiesa - troviamo che tra Gesù e i farisei intercorre un rapporto di vicinanza e di interesse)
In conclusione, trovo che parlare di un "Gesù esseno" abbia poco fondamento e ancor meno senso. Se Gesù provenne dall'ambiente essenico, fu un esseno talmente marginale, che perde di senso lo stesso identificarlo come tale.


lunedì 15 dicembre 2008

Cominciando da Gerusalemme (...chissà quando si finisce!)

Bene, bene, bene. Questa primavera non potremo certo dire di non avere niente da leggere!
Alcuni post fa, parlavamo del quarto volume di A Marginal Jew di John Meier, la cui uscita è nel frattempo slittata al 26 maggio (rispetto all'annunciato 1 aprile). E guarda un po' chi salta fuori nel frattempo? Jimmy Dunn, l'autore del poderoso Jesus Remembered, da molti considerato (in modo particolare, anche negli ambienti cattolici) la grande alternativa al Meier.
A differenza del gesuita americano, però, nel nuovo libro Dunn si lascia alle spalle la questione sul Gesù storico e prosegue invece nel progetto originale (concepito in tre volumi) di ripercorrere la storia complessiva del cristianesimo nascente, dagli inizi in Gesù fino al 150 d.C. circa (analogo progetto è stato intrapreso anche dall'esegeta e vescovo anglicano N.T. Wright, il quale però, dopo tre volumi, si trova ancora fermo a Gesù - risorto -).
Questo secondo volume della trilogia, dunque, s'intitola Beginning from Jerusalem.
Eccone una breve presentazione:

The second volume of this notable trilogy, Beginning from Jerusalem covers the early formation of the Christian faith from 30-70 c.e. After outlining the quest for the historical church (parallel to the quest for the historical Jesus) and reviewing the sources, Dunn follows the course of the movement stemming from Jesus 'beginning from Jerusalem.'
Dunn opens this book with a close analysis of what can be said of the earliest Jerusalem community, the Hellenists, the mission of Peter, and the emergence of Paul. In the second part, Dunn focuses solely on Paul the chronology of his life and mission, his understanding of his call as apostle, and the character of the churches which he founded. The third part traces the final days and literary legacies of the three principal figures of first generation Christianity: Paul, Peter, and James, brother of Jesus. Each section includes detailed interaction with the most important of the vast wealth of secondary literature on these matters.


Che dire? Attendiamo con ansia questo nuovo lavoro, la cui lettura ci impegnerà per sole 1392 pagine, che l'editore Paideia - presumo - cercherà di pubblicare qui da noi in quattro o magari anche cinque volumi, giusto per far spendere al lettore italiano 150-170 euro, a fronte dei 30 dollari o delle 42 sterline scuciti ai nostri fortunati amici anglosassoni (con ciò ci riferiamo ovviamente alla frammentazione del precedente Jesus Remembered in ben tre volumi: si potevano capire due...ma l'esistenza del terzo, con le sue insulse 120 pagine di testo e 100 di bibliografia, è una vergogna editoriale!).