martedì 22 novembre 2011
Chi è l'esegeta peggiore: Gesù o Adela Yarbro Collins?
John Meier e Adela Yabro Collins sulla plausibilità storica del dialogo in Mc 2,23-26 tra Gesù e i farisei sulle spighe colte di Sabato e il comportamento di Davide in 1Sam 21,2-10.
"This Marcan Jesus is not only ignorant but reckless, foolishly challenging Scripture experts to a public debate about the proper reading of a specific text - only to prove immediatly to both his disciples and his opponents how ignorant he is of the text that he himself has put forward for discussion.
If this scene gives us a true picture of the scriptural knowledge and teaching skill of the historical Jesus, then the natural and very effective response of the Pharisees would have been not fierce anger and concerted opposition but gleeful mockery.
(...) I dare say, if this was the actual competence of the historical Jesus in teaching and debating, his movement would not have lasted a month 1st-century Jewish Palestine"
(John P. Meier, A Marginal Jew: Rethinking the Historical Jesus. Vol. 4: Law and Love, New Haven: Yale University Press, 2009, p. 278)
"It is quite plausible (...) that the original dialogue consisted of vv. 23-26. (...) The incident described in vv. 23-26 and the style and content of the argumentation are quite credible in the context of disputes among interpreters of the Law in the first century CE.
(...) This conclusion does not imply that vv. 23-26 report accurately an actual incident in the life of the historical Jesus; rather they represent the sort of debate he may well have engaged in and the manner of his argumentation (cf. Dibelius, From Tradition to Gospel, p. 64)"
(Adela Yarbro Collins, Mark, Hermeneia, Minneapolis: Fortress, 2007, p. 201 e n. 120).
Direi che più in disaccordo di così, proprio non si può.
Ovviamente tra i due ha decisamente ragione Meier nel far notare quanto errata ed insulsa sia l'argomentazione di Gesù: errore su Abiathar e irrilevanza dell'episodio di 1Sam 21 rispetto all'accusa contro i discepoli, in quanto: a) Davide era solo e non diede i pani della presenza a nessuno; b) nulla suggerisce che l'episodio sia avvenuto di Sabato e come tale fosse tradizionalmente compreso (se non un tardivo dialogo rabbinico in b. Menachot 95b-96a).
Mi duole invece dire che l'altrimenti validissima Adela Collins doveva essere parecchio ubriaca allorché si lasciava andare a questo giudizio a dir poco avventato, e sopratutto per nulla argomentato al di là di un bizzarro rinvio ad una paginetta di Martin Dibelius che assolutamente nulla ha da dire circa i vv. 23-26 (bensì fa un'osservazione sul v. 27).
Dopoché, la Collins conclude con il botto la sua esegesi fermentata, affermando che "verses 27-28, however manifest reflection on the person of Jesus and his role that fits better in a post-Easter context" (ibidem), il che è innegabilmente (e anche banalmente) vero per il v. 28, ma che cos'abbia mai di cristologico il logion del "Sabato creato per l'uomo, non l'uomo per il Sabato" (con il suo altrettanto noto parallelo rabbinico: "Il Sabato è dato a voi, non voi al Sabato"; Mek. Es 31,14; b. Yom. 85b), proprio non ci è dato sapere.
Un ultima cosa: le scintille di un Meier pure lui in evidente stato di sovraeccitazione (non alkoholika, ma halakika) nell'infierire sul povero "Gesù marciano" (con qualche notevole randellata pure a Maurice Casey, v. n. 130, p. 328), non devono distrarre il lettore dal fatto che il nostro paladino ha di soppiatto mandato gambe all'aria uno dei più solidi indici d'autenticità storica, ovvero il criterio d'imbarazzo: passi per il Gesù beone e il Gesù pazzo e indemoniato, ma il "Gesù-Trota" è troppo imbarazzante per essere vero.
Iscriviti a:
Post (Atom)