venerdì 30 aprile 2010

Da puttaniere a stronzo: Gesù di fronte al delirio egocentrico del Battista (quasi un Bildungsroman)

Quel Giovanni doveva avere un ego smisurato: potrete essere salvati soltanto attraverso la mia immersione. (…) Ma se Gesù si lasciò battezzare da questo egocentrico, doveva essersi persuaso che avesse ragione: ossia che il dies irae era dietro l’angolo. (…) In quel periodo della sua vita Gesù si considerò un discepolo del Battista e, per breve tempo, lo ammirò molto (…).

Fu obbligato anche lui [Gesù] a confessare che tipo di peccati avesse commesso fino ad allora (…). Non è più possibile appurare quali fossero quei peccati. Forse era stato un puttaniere, più avanti pare che invitasse volentieri prostitute ai suoi pranzi collettivi.

Quando anche Gesù si mise a battezzare, per conto suo, insidiò la posizione eccezionale che si era ritagliato Giovanni. Oggi lo chiameremmo plagio, in quanto Gesù “rubò” il battesimo di Giovanni.

Mi sembra evidente che i discepoli di Giovanni avevano scoperto che Gesù aveva messo su una propria versione del rito battesimale del loro maestro e che, di conseguenza, andarono su tutte le furie e si precipitarono dal Battista per lamentarsi: «Ecco [Gesù] sta battezzando e tutti accorrono a lui».

(…) a mio parere proprio la prima parte del versetto è quella più importante: «Ecco sta battezzando». Il che significa: «Guarda un po’, quello stronzo di Gesù ha pure la faccia tosta di mettersi a battezzare!». L’ostilità dei discepoli di Giovanni trasuda da tutti i pori.

(da P. Verhoeven, L’uomo Gesù. La storia vera di Gesù di Nazaret, Marsilio, Venezia, 2010, pp. 71-83)

Penso che questi pochi estratti rendano bene l’atmosfera del recentissimo libro su Gesù scritto da Paul Verhoeven, meglio noto come regista di immortali capolavori della cinematografia quali Robocop, Basic Instinct e Starship Troopers.

Sarebbe fin troppo facile puntare il dito sulle numerose esagerazioni e le ipotesi peregrine che si incontrano ad ogni pagina. Sarebbe facile e anche un po’ ingiusto. Perché, a dispetto di tutti gli aspetti coloriti e un po' dilettantistici del libro, almeno due meriti vanno riconosciuti a Verhoeven.

1. L’essersi cimentato in modo approfondito con la storia della ricerca su Gesù, da fine Ottocento ad oggi. I riferimenti bibliografici e gli studiosi di volta in volta citati nel volume, sono del tutto seri e rispettabili, e l’Autore mostra di sapersi muovere con una certa dimestichezza all’interno di tale letteratura. Insomma, Verhoeven è per lo meno uno che prima di mettersi a scrivere, ha avuto la decenza di andarsi a leggere un pacco di roba, e questa è una cosa estremamente apprezzabile in chi coltiva una materia da semplice appassionato e non-addetto ai lavori.

2. Verhoeven ha partecipato attivamente alle riunioni del Jesus Seminar (il libro è peraltro dedicato alla memoria di Robert Funk), ciononostante non si fa scrupoli ad andare controcorrente rispetto al Seminar su alcune questioni fondamentali, ad esempio nell’attribuire a Gesù una forte attesa escatologica imminente, al punto che Verhoeven stesso, dopo aver riconosciuto il suo debito nei confronti del gruppo californiano, scrive: “non credo che il Jesus Seminar sia molto felice di questo libro” (p. 16).

In definitiva, penso che il libro di Verhoeven possa costituire una gustosa lettura da spiaggia (o da tazza del cesso), per chi sentisse il bisogno di rilassarsi un poco da tomi più impegnativi.

sabato 17 aprile 2010

Buone nuove da Paideia

La prima notizia è a dir poco sconvolgente: la benemerita casa editrice bresciana si è finalmente decisa a mettere piede nel mondo del web, allestendo un bel sito, che ha il pregio di offrire l'indice di (quasi) tutti i volumi del catalogo. Da tenere d'occhio anche la sezione "offerte".

La seconda è che è uscito il secondo volume del commentario di Matteo dell'esegeta svizzero Ulrich Luz. Il prezzo è sempre da spararsi su un piede, come tutto ciò che Paideia ci traduce, però bisogna dire che questa nuova collana di commentari, è davvero eccellente. E lo stesso dicasi per il lavoro di Luz in particolare, che è certamente il miglior commentario a Matteo sul mercato mondiale (insieme a quello di Davies-Allison per la ICC), lasciandosi decisamente alle spalle la pur pregevole l'opera di Joachim Gnilka quale punto di riferimento obbligato per il lettore italiano. Benché Luz dedichi un significativo spazio alla storia dell'interpretazione delle varie pericopi (cosa a cui io, per ora, non sono più di tanto interessato, ma per altri può essere un punto di forza), va sottolineata la solidità della sua esegesi storica, che affronta regolarmente (e in modo più convincente di Gnilka) le problematiche di critica della redazione, di storia della tradizione e dell'origine del materiale (quest'ultimo aspetto soprattutto nel caso di quello che Matteo ricava da Q e dalla sua tradizione speciale, più raramente invece rispetto al materiale marciano).

Infine, una piccola chicca. Nella premessa alla prima edizione, Luz fa una singolare proposta ai suoi lettori. Preoccupato che il "lettore ideale" per cui ha scritto (ossia colui dovrebbe leggere il commento da principio a fine, e non utilizzandolo come una cava di pietre, spulciando qua e là), non trovi alcun riscontro nella realtà, Luz si lancia in un'ardita promozione:
"Perciò, trasformandomi, per così dire, in agente pubblicitario di me stesso, vorrei fare una proposta: chi si comporta col mio volume come ci si dovrebbe comportare con la storia di Matteo, cioè chi lo avrà letto attentamente dalla prima all'ultima pagina, mi scriva una lettera (Ulrich Luz, Marktgasse 21, CH-3177 Laupen) e io gli invierò, a suo tempo, il terzo volume in omaggio!" (p. 9).

Bravo Ulrich, così si fa! Peccato per noi che tutto ciò sia stato scritto nel lontano 1989...